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OssO
Osso
2015
Subsound
di
Valerio Di Marco
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All’inferno e ritorno. Eraldo Bernocchi e il collettivo dei Morkobot (chitarra, due bassi, batteria) nelle viscere della terra ci sono stati e ci portano questa bella reliquia ancora incandescente. Una massa informe di suoni abrasivi, da orticaria, un blob gelatinoso di metal lo-fi sperimentale condensato in nove brani strumentali. Il tutto arricchito da campionamenti di suoni, voci, rumori e qualsiasi altra cosa valga la pena aggregare a questo carrozzone che fila via tra sludge, noise, death, doom, dub e industrial, abbracciando tutto ma senza mai aderire diligentemente a nessun genere. Un cut-up ideale per gli amanti della dieta variegata. E tra le pieghe emerge pure qualche reminiscenza da colonna sonora italiana Anni’70, anche se qui la scena perfetta da musicare sarebbe un combattimento corpo a corpo tra due orde barbariche del V Secolo. Da Mongolfear a Squirter a A Clockwork Orange, un magma sonoro ribollente sembra colare inesorabile travolgendo tutto e tutti. E più avanza, più si amplifica in potenza e forza d’urto. Perché se c’è una cosa in cui nostri non hanno lesinato è l’estremismo, sonoro e concettuale. Non solo la forma canzone, ma l’idea stessa di musica è destrutturata a colpi di machete fino alla creazione di un corpo indefinito, disturbante, disturbato e dissonante. In pratica contro natura, ma come diceva Ungaretti, tutti gli uomini sono, a loro modo, in contrasto con la natura.
Articolo del
21/07/2016 -
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