Appare davvero magistrale ed ambizioso il lavoro effettuato in studio dagli Oteme, progetto musicale il cui fondatore risponde al nome di Stefano Giannotti, talentuoso artista e compositore toscano classe ‘63. Il Giardino Disincantato è stato registrato tra il marzo e l’agosto del 2011 al Sam Recording Studio di Lari, luogo in cui negli ultimi anni si sono recate anche band dai non indifferenti bacini d’utenza come Il Teatro Degli Orrori, Il Pan Del Diavolo e gli Zen Circus. Se la fase di registrazione del disco non è stata poi così tanto estesa (bisogna infatti considerare l’alto numero di musicisti che hanno preso parte alle recording sessions e altre situazioni simili che già di per sé rallentano spesso il lavoro in studio), ben più lungo è risultato invece il periodo di scrittura e di composizione degli undici pezzi che hanno trovato posto in un Lp uscito da poco per la casa editrice francese Edd Strapontins con distribuzione internazionale garantita da Ma.Ra.Cash. Questo perché all’interno de “Il Giardino Disincantato” figurano pezzi figli di idee, bozze, buttate giù addirittura a partire dall’inizio degli anni Novanta. Racconta Giannotti: «La maggior parte dei brani ha alle spalle tre/quattro arrangiamenti per gruppi diversi, a volte perfino elettronici: ad esempio, di ‘Sopra Tutto E Tutti’ esiste una versione per voce e chitarra che è anche un video; oppure ‘Terre Emerse’, il cui titolo originale era Bolero, risale al 1994 e la prima versione fu eseguita per clarinetto, violoncello e pianoforte dal Trio Harmonia. ‘Tema Dei Campi’ è addirittura una composizione giovanile che non ha cambiato sostanzialmente la fisionomia, mentre ‘Il Giardino Disincantato’ del 2005 era originalmente un progetto per orchestra di chitarre elettriche».
Insomma, è chiaro che ci troviamo di fronte ad una produzione tanto raffinata quanto articolata, specialmente considerando l’enorme dispendio di energie fisiche e mentali che la sua realizzazione ha comportato. Sotto l’aspetto musicale, tanto per fare un esempio, c’è una ricerca davvero profonda. Al di là del fatto che siano pochissimi i frangenti in cui si riscontri un classico 4/4 (in questo disco il tempo è in costante mutamento e si incappa facilmente in parti caratterizzate da poliritmia), colpisce fin dal principio sia la grande varietà di generi e di stili utilizzati per tirare su i brani, sia l’elevato numero di strumenti impiegati per fornire alle musiche la giusta potenza e intensità. Assolutamente calzanti, in tal senso, le considerazioni espresse sempre da Giannotti, autore sia delle melodie che dei testi: «Alcune canzoni per voce e chitarra, su tempi ed accordi inusuali, vengono successivamente dipinte con colori stravinskiani, bartokiani, reminiscenze di Cage e Feldman (faccio notare che la strumentazione dei fiati rifugge l'uso rock/jazz del sax ed impiega strumenti classici come il corno inglese e il clarinetto). La mia idea insomma è quella che la canzone d'autore potrebbe essere parte della storia della musica classica contemporanea». A rafforzare la percezione che “Il Giardino Disincantato” denoti una qualità globale altissima influisce molto il fatto che all’interno di questo album non ci siano soltanto eleganti componimenti strumentali, ma anche pezzi dal sapore cantautoriale provvisti di testi assai interessanti, ricercati e carichi di poeticità. Certo, magari il tipo di linguaggio utilizzato da Giannotti in tracce come Dal Recinto, Ed Io Non C’ero, Dite A Mia Moglie e Sopra Tutto E Tutti non sarà obiettivamente moderno e spigliato. Tuttavia, le suggestioni che le strofe di queste canzoni riescono a creare nella mente di chi le ascolta sono notevoli, così come notevole è senz’altro la fattura di tutto il disco. Un disco che, lo ribadiamo, per quanto forse un po’ troppo lungo e poco innovativo, moderno, dal punto di vista della scelta dei suoni, merita comunque un giudizio complessivo più che positivo.
Articolo del
22/10/2013 -
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