Tra le mura storiche del Museo Civico “Luigi Bailo” di Treviso, ex sede di un convento rinascimentale e articolato intorno a due chiostri, la mostra “Hokusai. L’acqua e il segreto della Grande Onda” merita di sicuro una visita. Inaugurata il 29 marzo scorso e prolungata fino al 2 novembre, curata da Paolo Linetti, storico dell'arte giapponese e direttore del Museo d'arte orientale Mazzocchi, in collaborazione con l’Associazione Mnemosyne, è l'occasione per immergersi nel genio creativo di Katsushika Hokusai.
La mostra trevigiana ha come focus "La Grande Onda al largo di Kanagawa", intesa come chiave di lettura della produzione artistica di Hokusai, ma è inevitabilmente il pretesto per ripercorrere il suo lungo lavoro, i tentativi, gli studi che portarono a quell’immagine realmente "iconica" (nel vero senso del termine, non usato a sproposito come avviene oggi) e conosciutissima, molto più del suo creatore. Sono circa 150 le opere permettono di ripercorrere l’evoluzione dello stile, della sensibilità verso l’acqua, la neve, il ghiaccio, la foschia, il contrasto tra elementi naturali potenti e la figura umana spesso piccolissima rispetto all'ambiente.
La Grande Onda al largo di Kanagawa è una delle opere più iconiche al mondo. Appartiene alla serie Trentasei vedute del Monte Fuji (Fugaku Sanjūrokkei), realizzata da Hokusai fra il 1830 e il 1833. L’opera è estremamente famosa per la sua energia visiva: un’onda che si erge minacciosa insieme ai suoi spruzzi come artigli di un mostro che non a caso influenzeranno i creatori di Godzilla, la barca che tenta di resistere, il Monte Fuji sullo sfondo, calmo e distante. È composizione equilibrata, cinetica e fortemente drammatica, perfetta miscela di paura e bellezza, e nel percorso offerto dalla mostra il visitatore può osservare le fasi che precedono la “onda perfetta”: schizzi, varianti, studi sull’onda, esperimenti con il colore, l’azzurro prussiano (Berlin Blue), la prospettiva, l’equilibrio formale.
Katsushika Hokusai, nato nel 1760 e morto nel 1849 è un artista giapponese che ha ispirato colleghi come Monet, Van Gogh, Picasso e che viene considerato il padre del manga moderno, uno dei più grandi maestri dell’ukiyo-e ("immagini del mondo fluttuante"), il movimento artistico che fiorì nel Giappone dell’era Edo, con un forte interesse per la vita quotidiana, paesaggi, simboli della natura, ma anche delle stagioni. Come artista nel suo percorso Hokusai sperimenta con xilografie policrome (tecnica artistica di stampa con blocchi di legno), disegni, schizzi preparatori.
L’acqua non è mai per lui elemento decorativo: è forza, moto, rischio, stupore. Le neve, le cascate, la umidità, gli spruzzi: tutto diventa occasione per esplorare la luce, il colore, la tensione tra calma e tempesta. Anche il Monte Fuji, quasi sempre presenza silenziosa sullo sfondo, sembra essere un punto fermo, quasi meditativo, in mezzo all’imprevedibilità naturale.
Ricordiamo poi che l’acqua, come elemento simbolico, ha radici profonde nell’estetica e religiosità giapponese: lo scorrere, la purificazione, la continua trasformazione, ma pure pausa silenziosa. Nell’ukiyo-e, e per Hokusai, l’elemento liquido diventa scena e azione, riflesso e forma in continuo mutamento. La neve invece introduce l’idea della quiete, della luce che cambia, dell’impermanenza, uno dei temi centrali nel pensiero orientale.
Hokusai, è osservatore attento della natura e delle stagioni, e attraverso le sue opere sa restituire il gelo, la neve leggera, il vento che sospende ogni cosa, la pioggia. Se l’acqua è movimento e tensione, la neve è silenzio. Spesso le sue stampe mostrano contrasti forti: mare in tempesta e cielo luminoso, onde drammatiche e montagne nebbiose, figure umane in barca e il vasto orizzonte. Ed è questo dialogo tra natura ed elemento umano uno dei segreti che la mostra evidenzia, svelando tavola dopo tavola come la potenza mutevole dell’acqua e la delicatezza della neve abbiano richiesto non solo talento, ma studio tecnico, tentativi, ripetizioni.
Una mostra omaggio a un artista universale, "Hokusai riuscì a fondere una visione giapponese del paesaggio con una sensibilità che agli occhi degli occidentali appare pienamente giapponese, e ai giapponesi, paradossalmente, straordinariamente occidentale” dalle parole di Matthi Forrer, studioso olandese di arte giapponese, ma pure riflessione sulla condizione umana. Come evidenzia la storica dell'arte Christine M. E. Guth: “La Grande Onda è diventata il luogo dove le tensioni, le contraddizioni e le meraviglie del locale e del globale si incontrano e si esprimono". Sì, perché quell'acqua è la vita stessa, è potenza, rischio, trasformazione. Il Monte Fuji, invece, è l’eterno, l’immobile. L’uomo abita lo spazio tra questi due estremi e proprio lì, nel fragile equilibrio tra forza e quiete, trova la sua essenza.
Articolo del
07/10/2025 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|