Nuovo album per Bill Callahan, ex Smog, uno degli artisti più interessanti della scena “indie” americana. Il disco si intitola “Ytilaer”, che sarebbe “Reality” scritto al contrario.
Un segnale forte e chiaro della dimensione capovolta, fuori dall’ordinario, dal senso comune e da qualsiasi logica commerciale, in cui vive l’artista che da molti anni vive ad Austin in Texas. Vi anticipiamo subito che si tratta di un album talmente bello che va ascoltato con cura e con attenzione ai minimi dettagli. Brani a dir poco straordinari come “First Bird”, “Bowevil”, “Lily” , come il crescendo straordinario di “Naked Souls”, come la “folk ballad” onirica intitolata “Coyotes” o ancora la drammatica “ Drainface” , decisamente più aspra. Una voce baritonale, dai toni pacati ma intensi, con un preciso retrogusto fatto di tanta disillusione e di malinconia: è lui il nuovo “crooner” della canzone americana, è lui che non sbaglia un colpo in quella che potrebbe essere definita come una trilogia che parte da un disco come “Shepherd In A Sheepskin Vest”, del 2019, prosegue poi con “Gold Record” e arriva fino all’attuale “Ytilaer”.
Un album raffinato, che raccoglie canzoni all’opposizione, brani di denuncia, ma al tempo stesso risulta garbato nei modi e nelle tonalità. Bill Callahan mescola sapientemente generi musicali diversi, che vanno dal “folk underground” alla musica “country”, dall’ epopea “western” al “desert rock” e includono molti riferimenti “blues” e “jazz”. Un disco elegante e discreto, fatto di canzoni che bussano alla vostra porta e chiedono il permesso prima di entrare, una volta dentro però, non usciranno più dalla vostra anima. Hanno contribuito alla realizzazione dell’album in sala di incisione altri musicisti di valore come Matt Kinsey, alla chitarra, Emmett Kelly , al basso, Sarah Ann Phillips , pianoforte e tastiere, Jim White , alla batteria, Carl Smith, al clarinetto e Mike St. Clair e Derek Phelps, sezione fiati.
La copertina del disco è ancora una volta opera di Paul Ryan, un pittore affermato che ha raggiunto un’intesa perfetta con Bill Callahan su come rappresentare i concetti semplici, ma profondamente simbolici, inseriti nella sua musica. Album monumentale, da ascoltare ripetutamente, meglio se in completa solitudine e in silenzio.
Articolo del
17/11/2022 -
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