IKOQWE è il nome di un progetto di musica sperimentale messo su da Pedro Coquenão , un produttore cresciuto a Lisbona, ma di origine angolana, meglio conosciuto come Batida, e da un rapper noto come Ikonoclasta, il cui vero nome è Luaty Beirão, attivista angolano imprigionato nel 2015 con l’accusa di tentato colpo di Stato nei confronti del presidente José Eduardo dos Santos e liberato dopo uno sciopero della fame durato trentasei giorni.
ICO sta quindi per Ikonoclasta, mentre COQWE sta per Coquenão, musicista irrequieto, sempre pronto ad accettare nuove sfide. L’album si intitola “The Beginning, The Medium, The End And the Infinite” ed è un miscuglio di tante cose diverse. Sorprende, come prima cosa, il tappeto percussivo che copre tutte le undici tracce del disco, scritte e declamate in Umbundu, dialetto africano originario di Huambo, il paese natale di Batida. Si tratta di uno “slang” che mescola portoghese, inglese e lingua angolana, un linguaggio molto moderno, di sintesi, che viene usato per lanciarsi contro il neo-colonialismo, il neo-fascismo, le ingiustizie e le falsificazioni nelle rivisitazioni storiche. Composizioni come “Pele”, il primo singolo, “Makumba”, “Bulubulu” e la fantastica “Quarantena” codificano l’incontro fra l’elettronica d’avanguardia e la cultura “hip hop” portoghese con le radici angolane, che emergono attraverso suoni ancestrali che sono stati ripescati nell’archivio della Biblioteca Internazionale di Musica Africana , che si trova a Grahamstown in Sudafrica.
Se ad un primo approccio, le scelte musicali presenti sul disco possono apparire distanti da quel che ascoltate abitualmente o possono sembrare sbalorditive, non disperate! L’album è davvero molto interessante e scoprirete che contiene aspetti molto attuali ed estremamente godibili. I campionamenti di “field recording” presenti sul disco sono stati realizzati negli anni Cinquanta dall’etnomusicologo Hugh Tracey, che si trovava in Angola. Suoni di strumenti tradizionali si mescolano quindi con l’elettronica, con la “trance music” oppure con la musica “noise” e danno vita a soluzioni musicali sorprendenti, avanti nel tempo. Su “the End”, per esempio, convivono distorsioni metalliche e riferimenti classici, tratti addirittura dalla “Marcia Funebre” di Chopin.
Un album imprevedibile e coraggioso, un disco viscerale, immediato, ma che è anche il frutto di studi approfonditi. Una novità assoluta, libertaria, futuristica e rivoluzionaria.
Articolo del
20/07/2021 -
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