Documento imperdibile, un “live act” che celebra l’essenza degli Stooges agli albori della loro avventura musicale, il primo ed ultimo “show” nella loro “line up” originale. “Funhouse”, il loro secondo album, era stato pubblicato il mese prima quando la band fu invitata a prendere parte al Goose Lake International Music Festival, vicino a Jackson, nel Michigan.
Tre giorni di “pace e amore” dedicati ad un prezzo speciale a tutti quei “fratelli e sorelle” che volessero vedere dal vivo gruppi come i Jethro Tull, i Chicago, i Faces, Bob Seger, gli Mc5 e gli Stooges . All’epoca Iggy e la sua band erano preda dell’abuso di eroina che spesso li faceva uscire fuori di testa o li rendeva incapaci a tutto. Proprio per questo Dave Alexander, il bassista, fu licenziato da Iggy proprio dopo questo concerto.
Forse è vero, le linee di basso, ascoltate dal vivo, non sono perfette, ma ci sono, si sentono, e la band ci regala comunque una “performance” di valore altissimo. Su “Dirt”, per esempio, il brano scritto da Dave Alexander, il basso impera, è sovrano, mentre su “T.v. Eye” a dire il vero un po' scompare, come se fosse sovrastato dalla chitarra di Ron Asheton , che raspa, che spazza via ogni cosa, con il frastuono di una motosega.
Ma i momenti migliori del concerto sono la rapida sequenza che vede l’esecuzione “Funhouse” e di “L.A. Blues” in rapida successione, senza soluzione di continuità, con il sax di Steve Mac Kay in grande evidenza.
A volte il volume dell’audio scompare oppure si abbassa all’improvviso, ma il fascino di questa esecuzione rimane intatto, con le grida di Iggy che inseguono drammaticamente le linee sonore tracciate da un sassofono impazzito, fuori controllo. Era la realizzazione del sogno di Iggy, dare forma ad un blues bianco che fosse in grado di contenere un misto di “heavy rock“ e di “free jazz”. La batteria incalzante di Scott Asheton sostiene senza pause la cavalcata ritmica di uno “show” breve, voluto ad ogni costo, malgrado Iggy fosse svenuto poco prima di salire sul palco, dopo aver assunto pasticche dalla provenienza ignota.
Un disco che indirettamente rivela anche la storia di quegli anni, in cui il consumo di acidi sembrava essere la chiave d’accesso ad una maggiore qualità della musica, in cui esistenza personale e approccio musicale erano una sola cosa, non c’era separazione alcuna fra gli artisti e il loro prodotto, ed il concetto di “rock star” o di “professionismo” era ben lontano dal nascere.
L’album è stato pubblicato dalla Third Man Records, la casa discografica di Jack White, amico personale di Iggy e musicalmente ancorato alla scena musicale dei primi anni Settanta. Beh, lui non poteva certo farsi sfuggire un’occasione del genere. Ascoltate questo disco, rimarrete stravolti, ne sarete contagiati, anche se lo stesso Iggy ha avuto delle perplessità sul fatto di pubblicarlo oppure no. Alla fine ha fatto la scelta giusta.
Articolo del
14/09/2020 -
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