Registrato da Massimiliano Moccia presso il Blue Record Studio di Mondovì, Iceberg è il degno e superiore successore di “Estrazione Matematica di Cellule”. Simone Rossi, Paolo Scalabrino, Davide Olivero e Francesco Rossi sono i Ruggine, quartetto viscerale piemontese dal dna matematico. L’attacco ultrasonico sfrutta l’elemento sorpresa vincendo a mani basse. I Ruggine, in giro da più di dieci anni, suonando una sommatoria di chitarre noise multistrato, apparentemente impazzite, ma rimesse in riga dall’implacabile matematicità della sezione ritmica, irrobustita da ben due bassi che riescono a convivere perfettamente senza cannibalizzarsi. Questi cavalieri del post-core sembrano un ibrido nato dalle scorie degli Slint e Fugazi ma è impossibile non captare le scorie radioattive di Steve Albini & Co. che ne hanno irrimediabilmente contaminato la vena compositiva. Sono in quattro ma tuonano una contraerei a pieno regime, sfogano rabbia disperata, sono violenti e senza vie di mezzo. Partono come uno shuttle esplodendo dopo i primi trenta secondi, ma dopo la deflagrazione non si spengono come i rottami impazziti, né perdono la direzione. No, sarebbe troppo facile, la band pesta forte e nonostante le potenti vibrazioni che potrebbero fare oscillare la cloche mantengono la rotta imboccata. Non cantano ma urlano, e smettetela di pensare ai Massimo Volume, non centrano niente stavolta, al massimo si potrebbero scomodare i Fluxus, mantenendo le debite distanze di sicurezza. Sono freschi e affamati, non sono semplici crooner ma belve (in)feroci(te), pericolose. Come cosmonauti subiscono potenti accelerazioni e rallentamenti che influiscono sull’andamento della musica prodotta dalle loro menti malsane. Usano stop and go, ritmi allergici alla linearità, usano massicciamente la reiterazione dei riff per superare le difese dell’ascoltatore penetrandovi in profondità. La voce violenta costringe a prestare massima attenzione ai testi mentre in sottofondo la sezione ritmica scava la materia cerebrale lasciando profondi solchi. Richiamano alla mente i Don Caballero, periodo What Burns Never Returns, ma sanno anche come sfruttare l’accattivante componente progressiva tooliana presente in Daphnia. «La bestia attacca la bestia perché è questo che vuole, la bestia attacca la bestia perché è quello che chiede», con questi incipit decolla Caio, efferata take la cui ossessione potrebbe diventare anche la vostra. «Sono suoni confusi, immagini confuse, chilometri nel buio e una sola certezza», per ora, i Ruggine.
Articolo del
01/12/2014 -
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