I Motorpsycho non bastano, i loro concerti non stancano quasi mai, vederli dal vivo è un’emozione diversa ogni volta. Le setlist cambiano anche all’interno del tour in base all’ispirazione della band e alle città in cui vanno. Reduci dallo show logorroico di Milano, con lunghe sezioni prog senza controllo, i nostri approdano a Roma, città che li idolatra, arrivando a suonare per la prima volta all’Orion, venue che non gli è consona. Per di più gli capita che la stessa sera, e a pochi metri di distanza, suonino i soprassedibili Q.O.T.S.A.
Intono alle 21.00 Snah esce per un saluto, scambiamo due chiacchiere veloci poi ci licenzia con un “Have a good time”. Alle 22.25 i quattro cavalieri norvegesi sono sul palco, che siano in forma si percepisce dalla bruciante partenza acustica di Coventry Boy, seguita da una versione cristallina di It’s Time To Skate che ci riporta indietro, e in lacrime, di vent’anni. Non manca la toccante Feel, una delle ballate più sincere ed emozionanti mai sentite. Poi arriva All Is Loneliness con i primi segni di elettricità affidata alle dissonanze cosmiche prodotte dalle chitarre di Reine Fiske, alla destra del padre (Snah).
Da lì in poi il muro di suono andrà a ispessirsi per la successiva Hell 1-7 seguita da No Evil, un ciclone devastante. Considerato l’orario, i ragazzi pensano bene di evitare le code prog che negli ultimi anni diluiscono i loro concerti. Il beneficio va tutto a favore della sezione psych-heavy attraverso il doppio attacco dei bombardieri Hey Jane e Cloudwalker, presa da Behind The Sun da cui traggono anche On A Plate. For Free è stellare, la chitarra di Snah sovrasta il resto sfruttando i mille ampere del successivo mastodonte Psychonaut (Trust Us). I Motorpsycho sanno ripagarti di tutto inserendo una versione ibrida di Nothing To Say, inaspettata e maestosa, che porta in grembo una parte di Mountain.
Sul finale i ragazzi provano a scendere dal palco ma è un attimo, i presenti fanno parte dello zoccolo duro, sanno come convincerli a risalire (non che ci voglia tutto sto sforzo poi). Bent rientra saltellando, Snah lo segue presentando, senza anticipare il titolo, l’encore preso da Blissard. Per ucciderci insomma definitivamente tirano fuori una versione al cardiopalmo del capolavoro lo-fi Fool’s Gold in cui Bent sbaglia, per recuperare immediatamente, il testo. Proprio come l’anno scorso al Circolo degli Artisti, e dieci anni fa al Barrumba di Torino, ne estendono le estremità dilatandola psichedelicamente per nove minuti di piacere e singulti soffocati fra il pubblico a mascella serrata. La sovrastruttura di metallo liquido le dona una spinta devastante riaprendo una ferita mai rimarginata.
A fine concerto la corsa al banchetto per la spesa vinilica è un must assoluto. Snah esce dopo dieci minuti, è soddisfatto, sorride firmando praticamente tutto mentre i fan gli saltano addosso. Noi ne approfittiamo per una foto ricordo senza stressarlo, gli regaliamo quattro bottiglie di vino rosso, comprese di cavatappi, ma sono le due e i simpaticissimi buttafuori del locale ci invitano, con la solita grazia elefantesca che contraddistingue la capitale, a uscire.
SETLIST:
Coventry Boy Now It's Time To Skate Feel All Is Loneliness Hell 1-7 No Evil Hey Jane Cloudwalker On A Plate For Free Hallucifuge Psychonaut Nothing To Say
Encore Fools Gold
Articolo del
07/06/2014 -
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