A Massimo Cotto, stella di prima grandezza del giornalismo musicale italiano, va riconosciuto, fra i molti meriti, quello di avere la segreta capacità di estrarre la linfa pura delle storie portando su carta stampata le lunghe interviste a molte glorie della canzone nostrana. Direttore di ben due collane presso Aliberti come “Le conversazioni” e “Chewingum” Cotto firma ora uno straordinario libro – intervista con colui che attualmente può ben considerarsi uno dei più importanti autori della musica italiana: Massimo Bubola. Tema centrale del libro è il racconto dell’amicizia e collaborazione fra quest’ultimo e nientemeno che Fabrizio De Andrè. Sì perché, per tutti coloro che non lo sanno ancora, i due sono stati coautori di tutti i brani di due pietre miliari della discografia italiana: gli album “Rimini” e “L’Indiano”. “Doppio Lungo Addio”, perciò, descrive con le parole d’oro di Massimo Bubola la genesi e le storie che si nascondono in canzoni fondamentali come “Fiume Sand Creek”, “Volta la Carta”, “Hotel Supramonte”, “Sally”, “Rimini”, “Se ti tagliassero a pezzetti” e molte altre. In questo progressivo disvelamento la verità per troppo tempo taciuta emerge finalmente alla luce del sole anche perché, a parlare, è l’unica persona che l’ha effettivamente vissuta oltre a De Andrè. Ne emergono vividi e indelebili tutti i ricordi e gli aneddoti, le risate e le follìe, la dolcezza e i confronti di un’amicizia feconda e preziosa. Escono dalla narrazione ora scintillante e ricca, ora accorata e commossa, i colori delle canzoni, la lezione di Bob Dylan, Pasolini e Marotta, la saga di Don Raffaè, le mille immagini di Fiume Sand Creek, il rapimento di Fabrizio de Andrè e le storie degli indiani di Barbagia. Un diluvio di emozioni dunque, un racconto straordinario che se da un lato rivela una volta di più la grandezza del cantautore genovese dall’altro restituisce la luce meritata ad un grande protagonista della canzone come Massimo Bubola, uno che fino ad ora ha davvero raccolto meno di quanto ha seminato e che però è una figura chiave della musica italiana. Perché? Perché Massimo Bubola ha composto qualcosa come diciassette album, ha tradotto autori come Bob Dylan e Willy de Ville, Tom Petty e Patty Smith, ha prodotto band seminali come Gang ed Estra, e, fra molti altri artisti, Cristiano De Andrè e Milva, è stato il primo in Italia ad unire rock d’autore e poesia creando una mirabile miscela europea perché in grado di condensare in un’unica formula l’urgenza elettrica di Bob Dylan e Bruce Springsteen con gli stilemi classici di Virgilio e le storie nere delle tragedie di Shakespeare. Per questo un libro come “Doppio Lungo Addio” è oltremodo importante perché, finalmente, approfondisce la leggenda e restituisce la giusta prospettiva, racconta gli uomini e difende la memoria, omaggiando sì Fabrizio de Andrè con le parole del suo compagno di viaggio più prezioso ma celebrando, grazie a Dio, l’arte squisita di uno straordinario poeta: Massimo Bubola. In attesa di una biografia ufficiale, questa è allora la miglior pubblicazione relativa alle dolci note dell’aedo veronese che possa capitarvi fra le mani ed è forse la più efficace testimonianza mai raccolta su una parte così significativa della vita e delle opere di Fabrizio De Andrè.
Articolo del
14/11/2006 -
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