Enrico Pietrangeli è un poeta e un scrittore, qui ci offre un romanzo che è quasi di formazione se è vero che il suo protagonista Lorenzo ne esce alla fine cresciuto e soprattutto sopravvissuto a quei turbolenti anni Settanta; anni Settanta che per molti sono solo un pallido mito che giunge ai nostri giorni con una certa stanchezza di contenuti triti e ritriti: perché diciamolo, abbiamo un po’ una falsa idea dei Settanta, ci basta sommare tutti quei miti e quei falsi dèi per tracciare presuntuosamente un quadro che presumiamo essere abbastanza chiaro e veritiero. Il viaggio che viene proposto qui attraverso le vicende di Lorenzo è fatto ed è frutto di tutto questo ma è proposto con una raffinatezza, una scaltrezza e un linguaggio vero che il quadro che ne esce è così vivido che fa quasi stare male per la malinconia e per i ricordi dei tempi andati di chi quegli anni li ha vissuti. Un romanzo che va dritto nel cuore di quel decennio e torna successivamente ai nostri giorni in una sorta di biglietto di ritorno (da qui il titolo del libro); vediamo quel mondo e quel tempo attraverso gli occhi del protagonista Lorenzo, un irrequieto diciottenne che ancora sogna, spera, si aggrappa a degli ideali e rischia di annegare nella vita che tutto tumultuosamente travolge; c’è di tutto in questo romanzo, i raduni delle comunità e la cultura della droga, l’amore libero e promiscuo e il mito dell’India e di Hare Krishna, i viaggi in autostop e le ribellione giovanile dei movimenti studenteschi, la presenza invasiva e ossessiva della musica, che da vera colonna sonora dell’intero romanzo lega tra di loro gli episodi e gli avvenimenti. Apparentemente la trama è una storia d’amore vissuta da Lorenzo quasi a metà e in modo traumatico e lacerante, ma a ben vedere lo sfondo storico degli anni Settanta comincia ad assorbire progressivamente questa vicenda fino ad emergere con tutta la sua forza e il suo impeto. Lorenzo, figlio di genitori separati e grande appassionato di musica e di vinili, si trova a vivere in tumultuoso periodo storico, trova l’amore (difficilmente ricambiato da Lucia) ed è costretto a rinunciarvi, si avventura in un viaggio in autostop durante un’arida estate e torna a Roma per toccare con mano gli scontri tra istituzione e gioventù; il mito della droga e degli acidi è potente, così tra le sue vittime annovera anche Lucia che però ha già tagliato i contatti con un Lorenzo mai domo nell’amarla. Il nostro quindi, arrivato al punto di saturazione, decide di andare via e scompare senza lasciare traccia di sé; e qui finisce la parte relativa al biglietto di andata, un viaggio che si è addentrato nelle piaghe e nelle pieghe del mito storico seventies. Il biglietto di ritorno ci porta in avanti di vent’anni, con un Lorenzo che attraverso la rete ritrova un suo vecchio amico e decide di lasciare la Francia (lì si era stabilito) per andarlo a trovare: ormai cresciuti i personaggi diventano un espediente per riassaporare quel tempo andato con un certo senso di malinconia, e si lasciano andare sull’onda dei ricordi a vecchie storie e vecchie passioni mai dome. Ecco quindi che il romanzo parte da un punto di spazio-tempo che viene realmente “vissuto” e ritorna ad esso per evocarlo nel presente, mentre la musica è ciò che unisce gli avvenimenti tra di loro su uno sfondo storico-culturale ben definito e reso con vividi e realistici, quanto mai turbolenti, colori. Lorenzo rappresenta tutti quelli che leggendo questo libro avvertiranno intimamente la forza straordinaria di un tempo vissuto per davvero, un tempo contraddittorio e straordinariamente vivo, un tempo andato che continuamente cerca di riemergere ancora oggi nella musica, nel modo di vestirsi e di pensare.
Articolo del
17/11/2005 -
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