Forse i testi che hanno la pretesa di raccontare e spiegare la nascita e gli sviluppi dell’indie rock cominciano a essere un po’ troppi. Solo pochi mesi fa scrivevamo di un saggio dedicato allo stesso argomento. Se nel pregevole Big Day Coming la disamina passava per la storia degli Yo La Tengo, il libro del giornalista Baumgarten affronta un’altra imprescindibile ed encomiabile realtà dell’underground americano: la K Records (con sede a Olympia, Washington, D.C.) di Calvin Johnson, noto soprattutto come leader dei Beat Happening.
Il poliedrico Johnson da giovanissimo si appassiona a numerosi generi musicali; affascinato dal rock, dopo un concerto della Steve Miller Band, a cui assiste quattordicenne, impara ben presto a detestarne gli aspetti legati alla celebrità dei grandi gruppi e alla conseguente distanza che si viene a creare tra le star e il pubblico. Serve una formula diversa che annulli, o quasi, il divario tra performer e fruitori dell’esibizione, e nonostante le diversità con la situazione inglese, l’antidoto si ravvisa nel punk rock e in un’impostazione do-it-yourself. Dai primi passi di Calvin nel campo della musica, alla nascita dell’etichetta discografica e alle vicende altalenanti che ne hanno contraddistinto il percorso, Love Rock Revolution ci narra una storia che prende le mosse da uno smisurato entusiasmo, da pochissimi mezzi e dallo spirito artigianale di fratellanza e condivisione che unisce i membri di quella scena “alternativa” resasi, nei limiti del possibile, autosufficiente. In bilico tra naïveté e intransigenza di convinzioni e propositi, uno sbattersi il cui frutto diviene a tutti gli effetti un manifesto programmatico contro l’“orco” rappresentato dalle multinazionali dell’industria discografica. Ecco uno degli aspetti più interessanti del libro, che apre nuovi orizzonti a chi, come il sottoscritto, pur apprezzando assai l’opera di gruppi quali Beat Happening, Built To Spill e Old Time Relijun non ha seguito da vicino le vicende della K Records.
Ovviamente, data la rilevanza dell’impresa di Johnson e compagni, e la fitta rete di amicizie, progetti e ipotesi prospettate in tutti questi anni (si parte dagli Ottanta), il testo è pieno di riferimenti ad artisti di primissimo piano (alcuni sono rimasti nel sottobosco, altri hanno raggiunto la fama) dell’indie USA, tra cui Fugazi, Screaming Trees, Bikini Kill, Mudhoney, Nirvana e Sonic Youth. Divertentissimo l’aneddoto del concerto in cui i Beat Happening aprono per i seriosi e minacciosi Black Flag (potete immaginare due band più lontane nel modo di porsi?): l’atteggiamento stravagante e assai poco machista di Calvin sul palco viene visto da Henry Rollins come una presa per i fondelli rivolta al suo gruppo; avvicinatosi a Johnson, il frontman dei Black Flag gli afferra in una morsa i genitali; il cantante reagisce: “Tua madre non ti ha insegnato un po’ di buone maniere?”, e poi continua lo show...
Articolo del
28/01/2013 -
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