Cinque anni fa la band Florence + the Machine tornava, dopo 4 anni dalla pubblicazione del disco Ceremonials con il terzo album, intitolato How Big, How Blue, How Beautiful, uscito proprio il 29 maggio 2015 per l’etichetta discografica Island Records, che contiene 11 tracce (16 nella versione deluxe).
Ho voluto celebrare questo anniversario descrivendo il percorso che la frontwoman, Florence Welch, ha compiuto prima e all’interno di questo progetto. Florence + the Machine è una band britannica, formatasi a Londra nel 2007 e composta dalla già citata e carismatica Florence Welch, riconoscibilissima voce del gruppo, dalla tastierista Isabella Summers, dal chitarrista Robert Ackroyd e dall’arpista Tom Monger: questo il nucleo fondante al quale, nel corso degli anni, si sono aggiunti diversi membri. Il nome della band deriva da quello del precedente duo indie Florence Robot & Isa Machine, formato dalle due presenze femminili del gruppo.
Il terzo disco della band inglese è stato apprezzato dalla critica, tanto da ricevere diverse candidature ai Grammy Awards dell’anno successivo, essere inserito al terzo posto tra i 20 migliori album del 2015 secondo la rivista Rolling Stone e al sesto per Huffington Post. Particolare anche la parte audiovisiva legata all’album, concretizzata nella realizzazione, nel 2016, di The Odyssey, un cortometraggio di 47 minuti che contiene tutti i videoclip musicali, corrispondenti a 9 capitoli legati tra di loro, di questo progetto. What Kind of Man, How Big, How Blue, How Beautiful, St. Jude, Ship to Wreck, Queen of Peace, Mother, Delilah e Third Eye sono diretti da Vincent Haycock, che ha definito The Odyssey come: «un viaggio personale compiuto da Florence Welch, volto a ricercare una nuova sé stessa dopo la tempesta emotiva del suo cuore spezzato.
Come gli strati del Purgatorio dantesco, ogni canzone o capitolo rappresenta una battaglia che Florence ha dovuto sostenere e il paesaggio fisico rappresentato ha costituito ogni storia». Nei diversi video, si possono individuare gli elementi naturalistici, la danza contemporanea, tribale, mistica, che sembra essere un rito di iniziazione e ricordare i movimenti di Pina Bausch, il look della frontwoman, simile a quello della sacerdotessa Patti Smith, la sua presenza scenica e teatrale, il simbolismo, i riferimenti biblici e il voler affrontare grandi temi quali la morte, la spiritualità, la paura, la sofferenza; si viene immediatamente immersi nelle sonorità e negli ambienti del disco.
Prima dell’uscita del quarto album, Florence Welch ha affrontato un esaurimento nervoso, dovuto al periodo di pausa che, come la cantante ha ammesso, è stato troppo lungo, una crisi personale e una vita disordinata, che ha raccontato in How Big, How Blue, How Beautiful. La frontwoman affronta i suoi fantasmi e le sue paure, ne è consapevole e lo esprime. Anche se l’impianto resta potente, il disco arriva dritto, senza tanti orpelli e svela una Florence particolarmente vulnerabile. «È un disco su come imparare a vivere e ad amare senza fuggire», ha dichiarato la cantante. Nonostante la fragilità e l’angoscia che l’accompagnano, Florence conserva la sua padronanza tecnica ed esplora la sua versatilità lirica, ricercando un equilibrio nella voce e nella vita.
Senza ombra di dubbio How Big, How Blue, How Beautiful è l’album più coeso e compatto della band, coerente al loro stile e alla loro estetica, in cui non mancano i riferimenti religiosi, le ispirazioni rinascimentali, ma è meno pomposo ed esagerato. È introspettivo, personale e cinematografico. È anche strumentalmente asciutto, presenta arrangiamenti più snelli e meno imponenti, nonostante l’uso di orchestre (quella della titletrack è di 36 elementi) e fiati.
A tratti, gli accompagnamenti sono quasi minimal: in Various Storms & Saints ci sono solo chitarra elettrica e cori che la rendono liturgica, la accompagnano in una climax, senza che il pezzo esploda mai, terminando con la voce soave e acuta di Florence. St. Jude è sostenuta da una rum machine elettronica e dal canto della frontwoman che si fa strumento per comunicare il sacro; il testo parla di perdite, di ricerca del significato della vita e fa riferimento sia al «santo patrono delle cause perse» che alla tempesta che, nel 2013, ha messo in ginocchio il Nord Europa, paragonata al tormento interiore vissuto dalla cantante. Tra le tracce più “ballabili” e pop, c’è Ship to wreck, la prima canzone che ricorda un rock radiofonico e, a tratti Dog Days are over, ma che è anche una dichiarazione d’intenti: Florence è una nave al relitto, come recita il titolo, e i primi versi avvertono: «Non toccare i sonniferi, m’incasinano la testa, portano in superficie grandi squali bianchi che nuotano nel letto». Queen of peace è veloce, rockeggiante, con una parte strumentale iniziale e finale che si ripetono, con archi e batteria. Delilah è un po’ retrò e blues, black nel ritmo e nel modo di cantare, con cadenze precise e una voce ripetitiva che entra in testa; la voce di Florence si fa sempre più incalzante, per lasciare spazio alla batteria e poi tornare ad essere intima e finire in falsetto.
Tra le più rock, il singolo più conosciuto e ricordato è What kind of man, potente, sembra parlare di un uomo dal quale è necessario liberarsi, ma potrebbe riferirsi ai diversi lati oscuri della cantante. Third eye, invece, è martellante, dalle atmosfere sixties, a tratti tribale, finisce con un colpo sul piatto della batteria; fa uso di cori e parla di evoluzione personale e cambiamento, delle maschere che tutti indossiamo e di quel Terzo occhio magico che, come recita il testo, permette a Florence di vedere «il buco dove giace il tuo cuore»; anche nella versione speciale della deluxe edition, seppur più intima e spirituale, non perde mordente, finendo di botto.
Tra le bonus track della deluxe edition, Hiding è caratterizzata da un ritmo costante, vintage e una voce delicata e parla del lato che ciascuno di noi nasconde, dove è vietato entrare; Florence aspetta la rivelazione, ma «non è sicura di essere in grado di affrontarla» e Which Witch è particolare per l’uso che la cantante fa della sua voce, regolare, con una parte finale quasi recitata, ricorda una marcia; Florence parla di eretici, si identifica con una strega nel periodo della loro caccia e «aspetta finché il battito verrà fuori». How Big, How Blue, How Beautiful, che dà il titolo all’album, sembra quasi una preghiera, con una parte strumentale non indifferente; nella versione dell’edizione speciale è più spirituale e tranquilla, con gli archi che mi hanno evocato un senso di ondeggiamento e consapevolezza, oltre a una bella dose di nostalgia; Florence esprime il suo potenziale vocale in entrambe le versioni, lanciando un urlo acuto, dilatato e distorto nella versione speciale, tra le mie preferite. Long & Lost ti immerge in un luogo, una città triste come la protagonista del racconto, un monologo pieno di interrogativi, un’atmosfera introspettiva a cui cui la voce di Florence e il suo falsetto appartenere da sempre.
Tra le più filosofiche, Caught, che si muove tra un tu «solipsista inconscio» e l’identificazione di Florence con una Persefone che si darà ancora; la canzone infatti parla di un sentimento tanto forte da spingere la frontwoman a fare la cosa sbagliata: nonostante i libri letti e i consigli ricevuti lei fa ti testa sua, sa di essere presa, in trappola e di non riuscire a liberarsi; da notare diverse armonizzazioni vocali e il colpo finale di batteria.
Questo sentimento ossessivo porta la cantante a diventare un’esecutrice, pronta ad uccidere il suo partner se lui non lo fa o, forse, i propri lati oscuri, attraverso l’uso dell’immagine della ghigliottina e della decapitazione in Make up your mind: il ritmo e la batteria danno la carica, ma il testo è tra i più crudi. Infine, Mother è, secondo il mio parere, la più rock e psichedelica, l’ultima traccia della versione standard del disco: riff di batteria e chitarra elettrica sono presenti nella parte strumentale con cui il brano inizia e finisce, super distorto; la madre del titolo è Madre Terra, alla quale Florence chiede di «proteggerla da ciò che vuole», perché è persa a causa di un amore, inviandole gli elementi naturali degli alberi, della pioggia e delle nuvole.
How Big, How Blue, How Beautiful è un album sincero, schietto e complesso. Per Florence + The Machine, più semplice musicalmente dei precedenti, ma più introspettivo e personale; da ascoltare così com’è.
Articolo del
29/05/2020 -
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