"Corpse Flower" (Ipecac Recordings) è il titolo dell'album, uscito lo scorso 13 settembre, frutto del sodalizio artistico tra il cantante, musicista e compositore americano Mike Patton e il compositore e scrittore francese Jean Claude Vannier.
Per la realizzazione dell'album i due artisti si sono avvalsi della collaborazione di numerosi musicisti nell'area di Los Angeles: Smokey Hormel (Beck, Johnny Cash), Justin Meldal-Johnsen (Beck, Air, Nine Inch Nails) and James Gadson (Beck, Jamie Lidell); e di Parigi: Denys Lable, Bernard Paganotti (Magma), Daniel Ciampolini, Didier Malherbe, Léonard Le Cloarec e la Bécon Palace String Ensemble. Il primo incontro tra Vannier e Patton risale a otto anni fa, in occasione del concerto tributo a Serge Gainsbourg che si svolse all'Hollywood Bowl di Los Angeles, nell'agosto del 2011: Vannier era alla direzione d'orchestra e Patton era ospite sul palco assieme ad altri cantanti. Come si legge sul sito della Ipecac, Patton ricorda: «Abbiamo legato immediatamente. La sua cura e attenzione per i dettagli era senza posa, così il rispetto che già avevo nei suoi confronti si è amplificato». Jean Claude Vannier è considerato un'icona pop degli anni '70 nel suo paese. Ha scritto testi e prodotto album per moltissimi cantanti e musicisti, tra cui ricordiamo gli arrangiamenti per il concept album " Histoire de Melody Nelson" di Serge Gainsbourg; ha poi scritto musiche per moltissimi film e ha pubblicato sei album da solista, a partire dal 1972 con “L’enfant assassin des mouches".
Mike Patton, di recente in Italia con due bellissimi concerti del suo progetto Modno Cane, è noto al grande pubblico per la grande versatilità della sua voce, come frontman dei Faith No More e di altri gruppi della scena rock e d'avanguardia americana (Fantȏmas, Tomahawk, Mr Bungle), oltre che per la trentennale collaborazione con il compositore John Zorn, e per tanti altri progetti che negli anni lo hanno visto protagonista a vario titolo; tra questi ricordiamo i più recenti, la collaborazione con il gruppo metal Dead Cross, che lo ha visto in tour in Europa e in Italia lo scorso anno, il progetto "Forgotten Songs", proposto a Modena lo scorso anno in duo con il pianista Uri Caine, le musiche per il film "1922", distribuito su Netflix e tratto da un racconto di Stephen King.
Di seguito l'intervista a Jean Claude Vannier realizzata per Extra Music Magazine.
Mr Vannier, in merito alla collaborazione con Mike Patton, lui le chiese se fosse interessato a una collaborazione otto anni fa. Come mai ci sono voluti tanti anni?
«Mike mi chiese di lavorare insieme a quel tempo, ma io non sentivo fosse il momento giusto. Mike mi scrisse poi una mail tre anni fa e a quel punto ho risposto "SI, so cosa scrivere!!!"».
Non vi siete mai incontrati in studio per comporre l'album. Come siete riusciti a realizzare un album insieme, pur lavorando separatamente?
«Ci siamo mandati molte mail, io ho spedito a Mike degli sketches e lui ha lavorato su quelli»
Chi ha composto la musica e chi i testi?
«Ho composto la musica di tutte le canzoni tranne "Camion" che è stata composta a quattro mani. Ho inviato a Mike le partiture, e a Los Angeles sono state registrate le tracce ritmiche. Mike ha aggiunto la sua voce, mentre io ho registrato gli archi a Parigi, infine Mike ha rielaborato l'album a Los Angeles. Per i testi io ho scritto alcune canzoni in inglese, Mike altre, poi lui ha corretto meglio i miei testi in un buon americano».
E' stato facile tradurre dal francese all'inglese? Nelle traduzioni le lingue aprono mondi diversi, perchè talvolta le parole hanno connotazioni diverse. «Certo, ma questo è il fascino della traduzione, le parole cambiano significato anche con la musica e le interpretazioni».
Ho letto che il titolo dell'album, Corpse Flower, è stata un'idea di Mike Patton, poichè è rimasto colpito da questi fiori carnivori che "odoravano di cadavere" partecipando a una mostra di piante. Quanto si adatta all'album questo titolo, secondo lei?
«Inizialmente io avevo proposto uno dei miei acquerelli in cui si vedono macchie di vino, caffè e inchiostro, e il cui titolo è "Bordello". Dopo qualche tempo abbiamo trovato un'incisione raffigurante un cadavere insanguinato nell'Enciclopedia Diderot (XVIII secolo), e allora Mike mi ha mostrato alcune foto di Kenro Izu, e abbiamo entrambi concordato sull'dea di un fiore velenoso. E' chiaro che entrambi volevamo qualcosa che fosse bello e cattivo allo stesso tempo».
Ascoltando l'album ho avuto la sensazione di partecipare a un' esposizione di quadri di vita, con situazioni anche emotivamente contrastanti; penso a canzoni come "Insolubles", che a me suscita una certa malinconia o "Yard Bull", che invece ho avvertito come proiettata al futuro. E' corretto?
«"Insolubles" non è malinconica, è una canzone di guerra, in un certo senso, contro i nostri tempi, le persone normali e la volgarità. Essere Insolubili significa non rinunciare a esistere, non essere "zucchero nel caffè". Per quanto riguarda l'album non abbiamo pensato in anticipo di presentare una "mostra" o un "menu", abbiamo cercato di raccontare cosa ci piaceva al momento, dove soffiava il vento, non abbiamo pensato affatto».
La title track ricorda, nel testo, il gusto per la "lista", tipica delle opere del '700/'800, mentre la musica è misteriosa, ricca di suspense. E' corretto?
«Perchè no? Ognuno ha la sua idea personale della musica, è una questione di souvenirs, letture, cultura, ma è impossibile dire cosa dica esattamente la musica».
La canzone "Ballade C.3.3" è stata ispirata da Oscar Wilde?
«Non è solo ispirata, il testo è di Oscar Wilde. Ho preso alcuni versi dal suo bellissimo poema "Ballad of Reading Gaol"».
L'album è uscito il 13 settembre scorso ma si può già ascoltare tutto online. Crede che questo potrebbe scoraggiare le persone a comprare il disco?
«Non lo so, non sono uno specialista del marketing».
Verrete in tour con questo album in Italia?
«Lo spero, ma nella musica è tutta una questione di soldi».
Articolo del
25/09/2019 -
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