Pubblicato nel dicembre del 2018, Black History è il primo disco della World Spirit Orchestra, enseble vocale diretto da Mario Donatone e Giò Bosco, con gli arrangiamenti di Riccardo Biseo. Un progetto evocativo che racconta in musica la storia della musica nera partendo dagli Spiritual, passando per Duke Ellington fino agli anni '70.
La line-up di otto elementi è completata da Sonia Cannizzo alla voce, Isabella Del Principe alla voce, Luna Whibbe alla voce, Angelo Cascarano alla chitarra, basso e voce, Andrea Mercadante alle tastiere e voce e Roberto Ferrante alla batteria e voce. Mario Donatone ci ha raccontato la genesi e la storia di questo progetto
Mario, Black History è senza dubbio un titolo evocativo che già ci fa capire che il disco rappresenta un viaggio verso la cultura afroamericana: ce lo vuoi raccontare? Credo che chiunque faccia il musicista oggi non possa ignorare il contributo determinante della cultura afroamericana alla musica attuale e della grande rivoluzione sonora attuata nel Novecento ma propiziata già nell'Ottocento e anche prima. Ripercorrere gli aspetti storici e sociali che sono dietro alle tante varianti stilistiche sviluppatesi nel tempo significa coglierne il significato più completo. La musica neroamericana ha avuto un grande ruolo in tanti cambiamenti culturali e di costume del mondo occidentale, ma spesso la maggior parte delle persone non sa o sa vagamente quello che c'è alla base. Per queste ragioni abbiamo voluto coinvolgere il pubblico in un viaggio che fosse profondo e divulgativo, senza essere didattici ma filtrando le cose che amiamo con la nostra sensibilità e le nostre attitudini stilistiche
In questo disco sono presenti diversi brani che vanno degli spiritual ai celebri successi degli anni '70. Quali sono quelli più rappresentativi? E per quale motivo? Alcuni sono rappresentativi di segmenti o personaggi importanti di questa storia. Rispetto a Duke Ellington in un brano come Come Sunday, mirabilmente suonato e arrangiato dal maestro Riccardo Biseo, siamo a contatto con un musicista che rappresenta tutta un'epoca e un sentimento classico del jazz saldamente ancorato alle radici popolari della comunità nera. Freedom o People Get Ready sono due brani rappresentativi di queste radici soul e gospel e grazie alla loro duttilità sono sempre adatti per essere rinverditi con un suono più odierno. Brani come Halleluyah Time o Wade in the water sono rappresentativi del nostro sound e del nostro modo di stravolgere e personalizzare atmosfere tradizionali che hanno già in sè tante possibilità di articolazione stilistica. Mi fermo qui ma consiglio di ascoltare tutti i brani naturalmente
Parlaci a questo punto della scelta del repertorio che a quanto abbiamo detto è molto variegata e spazia tra diversi generi e periodi... Ogni brano è stato scelto per diverse ragioni che variano dalla sua rappresentatività stilistica a quanto ci ispirasse un approccio creativo nell'interpretarlo. Alcuni non sono brani soul o gospel o jazz, ma erano illuminanti per le esigenze narrative dello spettacolo teatrale collegato a questo disco. A Salty Dog e Short People, o Sail Away, sono brani che esprimono il nostro modo di raccontare questa storia anche attraverso importanti canzoni di autori rock bianchi. Grazie ad essi possiamo parlare del colonialismo europeo, della deportazione schiavistica o della mediocrità di certe logiche mercantili e globali che opprimono il mondo anche oggigiorno
Sappiamo che Black History è stato anche uno spettacolo teatrale che ha avuto un grande successo con ben otto repliche: ci vuoi raccontare questa avventura? L'idea di fare degli spettacoli di teatro-musica con i musicisti e con il coro, valorizzati anche come strumenti teatrali, la avevamo già dal 2011. Una prima versione di questo spettacolo è stata messa in scena proprio in quell'anno alla Casa del Jazz di Roma, dove lavoravamo come laboratorio stabile. Negli anni abbiamo fatto altre esperienze teatrali come "Worksong" al Teatro Valle occupato e un "Mozart" al Teatro Studio Uno, ma è stato nel 2018 che abbiamo ripreso quella strada in un modo nostro, producendo una nostra versione di "Porgy and Bess" di George Gershwin e questo nuovo "Black History". Fondamentale è stato l'incontro con il regista Emiliano Luccisano che ha scritto un testo valorizzando come attori in particolare quatto nostri musicisti, Andrea Mercadante, Angelo Cascarano, Luna Whibbe e Roberto Ferrante. Con tre repliche a Perugia e otto a Roma, con l'alta affluenza e soprattutto con il gradimento del pubblico venuto numeroso ci siamo ancora più convinti che è una strada giusta. Il pubblico vuole che gli venga raccontata la musica, vuole sapere quello che c'è dietro ed è contento di portarsi a casa delle emozioni collegate a delle consapevolezze che in genere non vengono date nei concerti
E per quanto riguarda il disco, invece, come avete lavorato alla sua realizzazione e produzione? E' stato un disco realizzato molto velocemente, inciso in una settimana e missato in dieci giorni da Milo Silvestro e Alex Canfield. Avevamo però lunghe prove alle spalle e un grande spessore di conoscenza musicale tra di noi. E' andato tutto molto spontaneamente
Wolrd Spirit Orchestra è una band di otto elementi dove spiccano ben otto voci: parlaci a questo punto della scelta dei musicisti e del percorso di questo ensemble vocale Come ti dicevo ci conosciamo tutti bene professionalmente e da tempo. Tutti hanno già collaborato con tutti e da molto tempo in gruppi vocali e strumentali. Ad esempio Angelo Cascarano e Roberto Ferrante sono da qualche anno la spina dorsale del mio trio; Gio' Bosco dirige insieme a me World Spirit Orchestra-Coro Equo e Solidale sin dalla sua nascita; Andrea Mercadante, Sonia Cannizzo, Isabella Del Principe e Luna Whibbe hanno condiviso con noi tutto il percorso di questa esperienza. Insomma, abbiamo misurato la nostra intesa e direi anche la nostra creatività come collettivo su vari stili e repertori molto diversi che vanno dal jazz classico al soul, al rock alle contaminazioni con i ritmi afro e latini. Eravamo ormai maturi per un disco di questo tipo e credo che ci rappresenti bene
Parlando della cultura afroamericana in generale, quali sono le musiche o se preferisci i periodi che ti hanno colpito di più personalmente? Io personalmente la amo tutta, dallo spiritual più arcaico, al primo jazz, al jazz più moderno, al blues e al soul funky di tutti i tipi, dalle big band ai gruppi vocali: credo che ogni periodo o stile aggiunga qualcosa di importante a questo linguaggio. Poi naturalmente ognuno ha le sue affinità maggiori con certi aspetti musicali. Credo che comunque abbiamo dimostrato una certa duttilità stilistica e uno dei punti di forza musicali dello spettacolo è stato proprio la complementarità dei miei arrangiamenti rock-soul e quelli di Riccardo Biseo tra jazz e polifonia
Per quanto riguarda il futuro, invece, avete dei progetti o altri dischi, spettacoli in cantiere? Diverse idee, sempre sulla via della musica raccontata, suonata e cantata in modo corale. Non anticipo nulla però, seguiteci sulla nostra pagina World Spirit Orchestra!
Articolo del
18/03/2019 -
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