Il quattro maggio 2018, con il pretesto di presentare Argento il sesto disco, la Banditaliana (che si pronuncia con la “A”, non “bEnditaliana”) si esibisce alla Cantina Bentivoglio di Bologna. Prima dello spettacolo ho incontrato Riccardo Tesi, Maurizio Geri, Claudio Carboni e Gigi Biolcati per una breve chiacchierata.
Cominciamo parlando di come è nato il progetto della Banditaliana
RT: “Visto che in realtà facciamo musica nostra e componiamo la gran parte dei brani, quando questo gruppo è nato, 25 anni fa, la scelta del nome serviva per darci un’identità nazionale; visto che lavoriamo moltissimo all’estero, di essere in qualche modo riconoscibili per la nostra italianità e abbiamo fatto questo gioco di parole tra banditi e banda italiana, che devo dire viene capita molto di più all’estero che in Italia”.
In effetti “benditaliana” toglie quel po’ di italianità che ricercate
CC: “E toglie anche un bel po’ di poesia”.
RT: “Infatti è scritto tutto attaccato, anche se spesso scrivono “Bandaitaliana” o “BandItalia”.
Con quale spirito è dunque nato questo progetto?
RT: “Abbiamo iniziato un po’ casualmente; mi hanno offerto carta bianca una sera al festival dell’unità di Pistoia; in quel periodo stavo lavorando con un mandolinista francese e stavo suonando con un trio di organetti, con un musicista basco e uno inglese; avevo voglia di tornare a casa, di fare un gruppo che abitasse nella stessa zona; questo per avere il tempo di maturare un progetto musicale con calma, e avere tempo a disposizione per le prove; mi sono guardato intorno e ho contattato il chitarrista Maurizio Geri; ci conoscevamo da quando eravamo ragazzi; come me ha iniziato suonando con Caterina Bueno; avevamo anche in comune questo amore per la tradizione, poi siamo conterranei, entrambi di Pistoia; questa militanza nell’ambiente folk ci ha riunito; poi ho contattato il sassofonista Claudio Carboni, fin dalla primissima formazione; mi interessava perché aveva questo fraseggio che univa il jazz e il liscio, che per me è un tratto distintivo importante proprio per la sua italianità; poi c’era Ettore Bonafè alle percussioni; ci siamo untiti con lo scopo di fare un unico concerto, poi alla fine ne abbiamo fatti più di mille in tutto il mondo; poi otto anni fa Gigi Biolcati ha sostituito Ettore Bonafè alle percussioni ed è diventato il nuovo elemento portante della band. E’ il terzo disco che registra con noi”.
GB: “Anche se sono l’unico che non è della zona; Riccardo e Maurizio sono pistoiesi mentre Claudio proviene dall’Appennino bolognese; io sono piemontese, di Santhià, tra Torino e Milano. Dietro a questo progetto mi sembra che ci sia la missione di preservare la musica italiana e di farla conoscere in tutto il mondo.
RT: “La musica tradizionale italiana per noi è un punto di partenza; però non ci interessa suonare ne liscio ne musica tradizionale ma partire da quella musica e avere degli stimoli che possono provenire da un fraseggio, una scala, un ritmo e su questo costruire musica nuova, comporre musica nostra”.
CC: “La musica è quasi tutta di composizione; a volte riprendiamo brani della tradizione ma un po’ nello stesso modo in cui componiamo, ma non ci preoccupiamo di riproporla in modo storico”.
RT: “Sì, ci piace mantenere un tratto mediterraneo, mantenere gli elementi che ci danno spunto per creare la nostra musica. E’ la sintesi del nostro amore musicale; siamo in quattro, ognuno con la sua personalità e il suo percorso musicale e ogni percorso influisce nella nostra musica, sia dal punto di vista compositivo, sia dal punto di vista dell’arrangiamento”.
Parlatemi quindi dei vostri riferimenti musicali; per esempio nella presentazione dell’album parlate di “passione mai sopita per il Progressive Rock
RT: “Quello sono io; in effetti nasco con il Progressive, quindi Jethro Tull eccetera e piano piano sono passato a Bob Dylan, Woody Guthrie e poi al folk inglese, e a quello italiano; però ascolto un po’ di tutto: Miles Davis, Sting, King Crimson, Caparezza. Cerco sempre di ascoltare anche la musica di oggi e seguire la sua evoluzione”.
GB: “Io invece nasco come tamburino delle majorette; ho suonato in una banda ma anche rock e liscio; poi è sfociata la passione per il jazz; dopodiché, come diceva il mio maestro Enrico Lucchini “devi studiare molto e poi dimenticare tutto”; allora io mi sono dimenticato quasi tutto e ho anche sostituito la batteria con le percussioni; anche stasera la batteria non c’è; credo che Banditaliana volesse un percussionista ma non ammettesse che voleva anche la solidità del batterista; quindi la solidità ma con colori diversi; forse è per questo che si è creata questa collaborazione che dura già da qualche anno”.
CC: ”Io invece nasco nella banda e divento subito un avanzo di balera; vivendo sull’Appennino bolognese, già a 10, 11 anni suonavo liscio con le orchestre; poi ho frequentato il conservatorio e mi sono innamorato del jazz cercando di dimenticarmi del liscio, poi ho incontrato Riccardo Tesi che mi ha detto che forse era molto più esotico suonare qualcosa che ricordasse anche i fraseggi del liscio e ci ho fatto pace; per cui ho cercato di sviluppare un fraseggio che non si vergognasse della nascita delle valli dell’appennino bolognese e delle origini del liscio. Continuo tuttora ad amare la musica contaminata, quella che chiamano crossover; mi piace quando vengono contaminati diversi generi; anche se il mio cuore batte sempre per il jazz”.
MG: ”Io nasco dalla musica popolare della montagna pistoiese, fin da piccolo; poi ho lavorato con Caterina Bueno, una cantante ricercatrice toscana tra le più importanti iniziatrici del folk in Italia e dello spettacolo "Bella Ciao". Ha lavorato anche con Dario Fo; è una colonna del folk italiano. Poi ho cominciato con Banditaliana e ho coltivato una passione per lo swing manouche e ultimamente mi dedico alla scrittura di brani strumentali e di canzoni”.
RT: “E’ il paroliere ufficiale del gruppo”.
MG: “A cavallo tra tradizione e un modo moderno di scrivere”.
RT: “Nel nostro background c’è anche la canzone d’autore: lavoriamo anche alla scrittura che si ispira al bacino del mediterraneo; però la forma canzone la usiamo molto”.
Questo vostro sesto disco ha molti titoli che parlano di luoghi (“Ciociaria”, “Napoli” e “Nordest”) e di figure femminili (“Donna Tita” e “Donna Guerriera”); è un caso?
RT: “E’ normale avere delle ispirazioni geografiche perché viaggiando molto incontriamo molta musica e molti paesaggi che ci ispirano; Napoli per esempio con il suo mare, è una fonte di ispirazione continua. Il mare in generale è una cosa che unisce i paesi, non li divide soltanto; soprattutto il Mediterraneo; sulle sue sponde si affacciano tante culture che purtroppo in Italia non sono molto apprezzate; le donne invece…una canzone è una dedica personale a mia figlia (“Donna Tita”) mentre “Donna Guerriera” è il titolo di una canzone popolare; il riferimento alle donne è quindi assolutamente casuale”.
GB: ”Sai, noi giriamo così tanto che effettivamente a parte quando abbiamo la fortuna di fermarci un po’ di più, ci portiamo a casa il ricordo di quel posto cercando di consolidarlo scrivendo una canzone; purtroppo non ci fermiamo mai a lungo nei posti che visitiamo, quindi l’idea di scrivere un pezzo dedicato a quel luogo è anche un po’ il modo di portarsi a casa un ricordo di quel luogo”.
RT: “Ci sono dei legami molto traslati ma musicali; per esempio “Ciociaria” è chiamato così perché il brano è una rielaborazione di un ritmo tradizionale, il saltarello, su cui noi abbiamo composto una cosa completamente nostra; l’ispirazione parte da un ritmo della Ciociaria”.
In questo disco compaiono Paolo Fresu e Mauto Pagani; come sono nate queste collaborazioni?
CC: “Sono degli amici che hanno un percorso simile al nostro; magari Pagani è legato più alla canzone d’autore e Fresu più al jazz, ma sono amici che abbiamo incontrato diverse volte e con i quali c’è sempre stato un qualcosa da condividere; abbiamo pensato a loro perché Paolo interviene in un omaggio che facciamo a Gianmaria Testa. E quando abbiamo deciso di fare questo omaggio ad un artista con cui abbiamo collaborato tanto, ci è venuto in mente che anche Paolo Fresu aveva collaborato con Gianmaria, quindi lo abbiamo chiamato ed è bastato un secondo perché lui si immergesse in questo progetto dicendo “Ci voglio essere, mi fa piacere perché trovo che sia un’esperienza importante da fare”; e più o meno è successo lo stesso quando Riccardo ha contattato Pagani”.
RT: “Si, siamo moto amici; la prima volta che abbiamo suonato insieme, a Roma, abbiamo partecipato ad una serata dedicata proprio a Gianmaria Testa; è stato bello suonare con lui; lo conoscevo da tanto tempo ma non avevamo mai suonato insieme; quindi è stato bello finalmente poter incrociare gli strumenti anche su un disco; ma oltre a loro è importante la presenza delle donne di "Bella Ciao", Luisa Cottifogli, Elena Ledda, Lucilla Galeazzi e Ginevra Di Marco che sono venute a cantare nella canzone “Donna Guerriera” e l’hanno cantata a quattro voci; abbiamo finalmente avuto la possibilità di riunirle tutte quattro perché in tournee ne abbiamo solo tre; tutte quattro insieme è stata la prima volta”.
Avete suonato un po’ in tutto il mondo, Australia, Nord Europa, Canada e Giappone proponendo la musica tradizionale italiana; come viene accolta la nostra musica?
RT: “Meglio che in Italia. Siamo rimasti noi stessi sorpresi; per esempio in Australia, che è dall’altra parte del mondo, è stato incredibile l’impatto che ha avuto il nostro gruppo; ma anche perché il fatto di lavorare su un’identità nazionale legata alla nostra tradizione ci rende molto, molto freschi e molto innovativi rispetto a quello che la gente ascolta nei festival soprattutto spostati sul mondo anglosassone; quindi abbiamo avuto un impatto fortissimo”.
CC: “Diciamo che risultiamo esotici nei paesi esotici; pensa che il nostro miglior mercato è l’Austria, anche come vendite; Austria e Germania, i paesi di lingua tedesca, li frequentiamo molto e abbiamo molto successo”.
MG: “In effetti siamo molto più conosciuti a Vienna che a Pistoia”.
RT: “In Austria il pubblico è molto preparato; ha una competenza molto alta; è anche un pubblico entusiasta e caloroso”.
Parliamo quindi di “Argento, il vostro ultimo disco
RT: “Da tre dischi a questa parte li realizziamo in prima persona, ci scambiamo il ruolo di fonico, produzione editing e quindi questo ci permette di avere il pieno controllo su ogni aspetto della musica; quindi alla fine non possiamo che essere soddisfatti perché altrimenti dovremmo arrabbiarci solo con noi stessi”.
CC: “Poi esce per la Visage, che è la nostra casa discografica. La cosa bella di questo disco è che è un disco che è stato curato molto di più nei particolari, magari è un disco forse meno immediato ma veramente è ponderato; ci abbiamo messo parecchio per limare all’inverosimile i brani, gli arrangiamenti, la scelta del suono ed è andato a fuoco molto bene; c’è un grande lavoro anche di post-produzione; siamo stati molto attenti, abbiamo cercato di fare un disco che valga la pena comprare; oggi di dischi se ne fanno tanti; una delle motivazioni del mercato discografico è anche la facilità d’accesso al mercato; che è un bene perché è democratico ma in qualche modo abbassa la qualità della musica; quello che abbiamo cercato di fare è un prodotto che sotto ogni aspetto cercasse di dare il massimo di quello che siamo in grado di fare. In ogni particolare abbiamo cesellato al massimo; questo è il meglio che possiamo fare oggi; è una bella fotografia di Banditaliana. Magari come impatto non è un disco immediato, un disco “mordi e fuggi” ma personalmente sono soddisfatto di essere arrivato a questo risultato. Mi permetto di dire che la cosa importante della nostra musica è di ascoltarla “bene”, magari in condizioni ottimali; abbiamo cercato di lavorare su tutti i particolari, quindi non ci si deve fermare al primo ascolto ma approfondire un po’ perché dentro si vanno a scoprire delle cose di intrecci sonori, di arrangiamento che si apprezzano ascolto dopo ascolto. L’ultima cosa: è possibile comprarlo direttamente dal nostro sito www.visagemusic.it; è molto facile”.
Articolo del
05/05/2018 -
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