Chitarrista versatile che ama approcciarsi con diversi stili musicali, Mino Lanzieri è senza dubbio un musicista dalle larghe vedute. La testimonianza diretta di questa caratteristica è l’ultimo disco, pubblicato da Filibusta Records e intitolato Endless: un progetto al quale hanno partecipato grandi musicisti quali Reuben Rogers al contrabbasso e Gene Jackson alla batteria. In questo disco il chitarrista campano ha dato prova di sapersi approcciare ad un jazz contemporaneo, volgendo l’occhio anche alla tradizione folk americana in alcuni casi. Mino Lanzieri in persona ci ha raccontato questa avventura
Mino, per cominciare l’intervista partiamo dalla storia di questo progetto dal sapore così internazionale: come nasce, dunque, questo disco e soprattutto come nasce la collaborazione con due musicisti del calibro di R.Rogers e G. Jackson? Come tutti gli altri dischi che ho fatto anche “Endless” arriva dopo una ricerca e periodo musicale durante il quale ho vissuto tante esperienze ed elaborato tante idee, che sono poi naturalmente convogliate nella composizione dei brani e nella scelta del repertorio. La collaborazione con Reuben e Gene nasce già nel 2010 quando registrammo il mio secondo album da leader “The Alchemist”. Una collaborazione che dura da anni quindi e grazie alla quale sono cresciuto molto, quando hai due stelle del jazz al tuo fianco ogni sessione in studio o concerto è un’esperienza unica che ti arricchisce tantissimo
Endless è senza dubbio un titolo evocativo che in italiano significa “Infinito”: quali sono, le infinite possibilità artistiche che offre una formazione come quella del trio chitarra, basso e batteria? Uno dei primi dischi che ebbi da piccolo fu “Rejoicing” di Pat Metheny, disco in trio con Charlie Haden e Billy Higgins, un album stupendo che sicuramente mi ha influenzato molto e mi ha fatto capire le molteplici sfumature e approcci che questa specifica formazione può offrire. Sicuramente è una situazione dove il ruolo della chitarra è molto più impegnativo dovendo suonare sia la parte melodica sia quella armonica, ma allo stesso tempo puoi scegliere di suonare imitando l’approccio dei fiati e quindi seguendo sovrastrutture differenti, proprio come Metheny fa in “Rejoicing”. Misurarsi in questo senso è stato molto impegnativo ma allo stesso tempo molto avvincente
Passiamo al disco: ci vuoi descrivere lo stile e le composizioni che troviamo al suo interno e anche la ricerca sonora che hai effettuato per queste otto track contenute in Endless? Definirlo stilisticamente sarebbe arduo e sicuramente non sono mai stato un cultore delle “etichette”, sicuramente il jazz è lo stile che più amo e con il quale sono cresciuto, ma ho sempre ascoltato anche altro, dalla musica classica a quella latina e in particolare il country, che negli ultimi anni credo sia diventata una delle influenze principali. Credo che sia questo in ultimo a segnare e identificare il sound di un musicista, il modo in cui mescola le sue varie influenze
Tra i brani rivisitati ci ha colpito un arrangiamento di Oh Shenandoah, una canzone della tradizione folk americana: ha un significato particolare per te? E perché hai deciso di inserirla in questo disco? Come dicevo il country è diventata sempre più un’influenza importante ed essendo curioso per natura ho sempre cercato di studiare la storia e l’evoluzione di uno stile musicale, che in questo caso andando a ritroso, mi ha inevitabilmente portato all’epoca dei coloni e dei nativi americani, e all’ascolto di stupende ballate come “Shenandoah”
Parliamo ora della chitarra jazz in generale: se in tempi passati questa veniva considerata come uno strumento di accompagnamento che ruolo ha nei tempi moderni e quale è stata la sua evoluzione? Sì, prima dell’avvento dei pickup e dell’amplificatore la chitarra aveva essenzialmente un ruolo ritmico, soprattutto nelle grandi Big Band. Freddie Green, che con la sua ritmica era il “motore” dell’orchestra di Count Basie, ne è sicuramente uno dei chitarristi più rappresentativi. In seguito con la chitarra elettrica, lo strumento ha finalmente un volume necessario per competere con i fiati e si apre un mondo solistico tutto nuovo di cui sicuramente il grande Charlie Christian è il pioniere. Oggi la chitarra è uno strumento senza confini, spesso è sostituito al piano come strumento armonico e lo sviluppo tecnologico consente di riprodurre suoni di ogni genere. La cosa importante in ogni caso, è non dimenticare mai la lezione dei grandi del passato e conoscere a fondo la tradizione
Invece per quanto riguarda il tuo percorso, ci vuoi raccontare la tua storia musicale e gli eventi principali che ti hanno portate ad essere il musicista che sei? La chitarra in qualche modo è stata presente nella mia vita da sempre, il mio primo strumento (un Ukulele) mi fu regalato a tre anni, inoltre mio zio era un chitarrista e grande appassionato di jazz e possedeva una grande collezione di dischi, quindi ho iniziato l’ascolto di questo genere fin da subito. Non ho avuto una chitarra elettrica mia fino ai sedici anni e ho imparato a suonare con una chitarra classica molto economica con la quale improvvisavo melodie sui dischi di jazz o suonavo le canzoni di Pino Daniele. Quando ebbi la mia prima chitarra elettrica, non uscii da casa per settimane e iniziai a studiare più a fondo i dischi dei miei idoli come: Wes Montgomery, Charlie Christian, Jim Hall, George Benson e tanti altri. Fino alla seconda metà degli anni ’90, se volevi imparare questa musica, potevi farlo solo trascrivendo, frequentando i musicisti più esperti e andando ai concerti live. In questo senso sono stato molto fortunato poiché la scena jazz campana di quegli anni era veramente di altissimo livello, basti pensare ai fratelli Deidda, Giovanni Amato, Daniele Scannapieco, Pietro Condorelli e tanti altri. In seguito un periodo di grande formazione ed esperienza è stato il mio primo viaggio negli Statti Uniti, dove tra Boston e New York ho conosciuto e studiato con tantissimi grandi musicisti
Parliamo ora dei programmi futuri: quali saranno le prossime date in cui sarà possibile vederti live. Da quello che sappiamo è in cantiere un tour… Il tour di presentazione di “Endless” è partito già lo scorso luglio dopo un mese dalla sua pubblicazione, e da allora alternando anche altri progetti di cui faccio parte, non è ancora terminato. Il prossimo mese, infatti, continueranno le date estere con tre concerti a Barcellona e in seguito di nuovo in Italia con date tra Campania e Puglia
Articolo del
24/04/2018 -
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