Entrare nel microcosmo caleidoscopico dei Mòn non è cosa di tutti i giorni. Esperienza forte, intrecciata da emozioni, racconti e tanta musica. Ho avuto la fortuna di percorre in profondità la strada che porta alla vera identità del gruppo romano e ne sono stato piacevolmente colpito. Il quintetto che si è confidato riguardo il loro ultimo anno dopo il debutto discografico e ha regalato ai lettori di Extra! Music Magazine qualche anticipazione per il prossimo album
È Passato un anno dall'uscita di “Zama” e avete un Tour in corso. Quanto è stato importante per la vostra crescita? Abbiamo avuto la possibilità di fare molte date e stiamo vivendo sulla nostra pelle ciò che comporta un tour. È sicuramente stato un anno di crescita dal punto di vista professionale e organizzativo. Noi siamo cambiati tanto, ci ha sicuramente formato.
Si può affermare che “Zama” è il frutto del vostro inconscio? Forse la parola inconscio lo descrive nel migliore dei modi. È un lavoro non ragionato, dove abbiamo cercato di inserire le nostre sensazioni, lasciando che queste ci guidassero nell'incisione del disco. Sia nei nostri testi, che nella parte musicale abbiamo voluto trasmettere ciò che sentivamo in quel momento.
Un grande maestro della fotografia, Franco Fontana dice: “Lo scopo della mia fotografia è rendere visibile l'invisibile". Si può trasferire questo concetto nella vostra musica? È una frase molto interessante. Forse nella musica è diverso, in quanto si ascolta e non si vede. Ma se l'obiettivo è quello di esplicitare una sensazione che si prova attraverso un brano allora è un nostro intento.
Ad esempio nel vostro album si ripete il concetto di “Vuoto”. Gli attribuite un significato particolare? Essendo il nostro disco un prodotto dell'inconscio, ognuno di noi può associare al vuoto qualcosa di personale. Un evento, una sensazione, un luogo oppure un rapporto.
Mi ha colpito che l'inizio dei testi di “Fluorescence” e “The Melts into Spring” sia uguale. Come mai questa scelta? La volontà era che l'una fosse il richiamo dell'altra, anche se il sound delle due tracce è molto differente. Abbiamo notato che metricamente era possibile e ci è sembrata una bella idea. Una scelta dettata dall'istinto
Da dove nascono questi riff così ricercati? Molti riff di “Zama” sono frutto di Rocco, poi ognuno di noi in studio aggiunge qualcosa per arrivare al risultato finale che è un prodotto dei Mòn
Chiedo allora a Rocco quali sono i momenti in cui preferisci produrre e da cosa vieni ispirato? Di base quando scrivo preferisco stare da solo, nella mia camera con la chitarra e mi faccio ispirare anche dai miei stessi errori. Sicuramente preferisco momenti di solitudine quando devo scrivere, cerco di lasciarmi guidare dall'istinto. Poi magari, molto dipende dall'emotività del momento. Cerco di lasciarmi andare al caso e in seguito lavorarci sopra
In tutte le vostre recensioni che ho letto, accostano il vostro stile musicale a qualche artista internazionale (es. Alt-j, Foals, XX). Quanto è importante per una band emergente avere dei punti di riferimento e quanto invece staccarsi dalle etichette? Avere delle influenze nel campo artistico è molto importante, ma è fondamentale capire come trasformare questi input in qualcosa di personale. È da questo processo creativo che poi nascono i Mòn. Nel nostro secondo album questa ricerca stilistica personale sarà più evidente
Parlando del secondo album? A che punto si trova? Quando eravamo consapevoli di aver chiuso “Zama”, abbiamo continuato a suonare e fare nuove tracce che saranno nel nuovo album. Naturalmente il lavoro non è ultimato ed è in continua evoluzione, parallelamente alla nostra crescita musicale. Fra un po' di tempo sapremo dare delle date più precise.
Un ringraziamento a Carlotta Deiana (Voce), Michele Mariola(Chitarre), Dimitri Nicastri (Batteria), Stefano Veloci (Basso), Rocco Zilli (Voce, Synth, Chitarra) per aver concesso a Extra! Music Magazine intervista e foto durante la sessione di prove
Articolo del
10/04/2018 -
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