Il progetto solista di Fabio Cinti, cantautore ciociaro classe 1977, nasce dopo il suo trasferimento a Milano, dove prima la collaborazione con Morgan e poi un’intensa attività dal vivo danno luce alla produzione di una parte del primo album, L’Esempio delle mele (Sounday/Self,2011). In questo lavoro appaiono anche Pasquale Panella, Livio Magnini (Bluvertigo), Massimo Martellotta (Calibro35), Lucio Bardi, Massimo Spinosa, Elisa Rossi.
La personalità artistica di Fabio Cinti si costruisce su fondamenta classiche, dai Pink Floyd al britpop dei Divine Comedy, dai cantautori e dal progressive italiano delle Orme alle melodie pop di Graham Nash o di Elvis Costello, fino a una conoscenza - anche reinterpretata negli album Il Minuto Secondo e Tutto t’orna - della musica classica barocca.
Ma, specie nei primi album, è influenzato soprattutto dalla personalità di Franco Battiato e dalla collaborazione e frequentazione con Morgan con il quale ha spesso condiviso anche pubblicamente la passione per David Bowie e Lou Reed. Di conseguenza, l’interpretazione, gli arrangiamenti e i testi delle sue canzoni sono contraddistinti sempre da una evidente ricercatezza.
L’Esempio delle mele nasce con un electro-rock con contaminazioni orientali, poi si fa più pop rock, accompagnato da testi impegnati. Questo mondo fa rumore, titolo del primo brano, narra la chiassosità di tutto ciò che vi è di più superficiale a questo mondo: “Fa rumore la caduta dell'intelligenza, le risate fuori campo degli sceneggiati. Com'è possibile dover rimproverare al cinema chi parla al cellulare? Fa rumore la politica, nient'altro che rumore. Fan rumore i critici, i fanatici piuttosto burocratici Il chiasso inarrestabile dell'ugola arrossata di tutti quei cantanti che portano la croce di non saper fare proprio niente...”, più avanti si mantiene lo stesso tono di analisi e di critica sociale, senza tralasciare momenti di romanticismo anch’esso analizzato con incredibile raffinatezza lirica tanto che in alcuni brani ci ricordano quei pezzi dei Baustelle più ispirati a Fabrizio De Andrè.
Il secondo album è Il Minuto Secondo e arriva l’anno dopo, nel 2012 (Sounday/Venus), album che nella seconda parte contiene le reinterpretazioni di alcuni brani del repertorio barocco europeo e che, per la sua complessità, è stato accolto in modo migliore dalla critica più che dal pubblico. Il Minuto Secondo è più cupo e introspettivo del primo. Il primo brano, Questo strano abisso, canta: “ Dove sono stato? Non ricordo più,ho un diavolo che mi tormenta: ho il sospetto che sia tu. Nessun innamorato si addormenta... Hai gli occhi stanchi,non ti riconosco più. È tornato a piovere ma in fondo siamo a marzo. Che giorni inutili, ma che vita è questa?”. In quest’album c’è una comprensione di se stesso, di quello che è veramente Fabio Cinti, unito a liriche tremendamente poetiche nel dramma e nella tragedia da suscitare un pianto amaro, ma bellissimo, un pianto di sfogo verso questa vita maledetta, verso questi amori sbagliati che Cinti racconta e lo fa con un candore ed una delicatezza estremi. C’è da piangere, si, da piangere forte. Il terzo album è Madame Ugo (Mescal/Self), un album che riprende la stessa tensione introiettiva del precedente, la melodia è magica, da fiaba, i testi sono meravigliosamente tragici, piacevolmente onirici. Stavolta le lacrime non cadono, anche perché Cinti regala ritornelli più vivaci ed energici, ma il lavoro fa riflettere sul mondo sognante e incantato di Cinti.
Ormai lo abbiamo capito, Cinti è uno degli autori più prolifici degli ultimi anni, con una media di un album all’anno. Il successivo, Tutto T’orna (Mescal/Believe Digital) è un po’ una prosecuzione del precedente. Anch’esso leggero, delicato, innamorato nelle melodie, triste e sconsolato nei testi. L’antidoto canta: “Mi sento un po’ insicuro sull'abbigliamento, forse ci vorrebbe meno sobrietà o qualcuno che m'insegni la "necessità" piuttosto che l'estetica da bar. Mi piacerebbe essere impassibile, avere il minimo imbarazzo, la stessa prorompente sicurezza che ostentano le guardi svizzere. Però, se m'innamoro...però, se m'innamoro, suppongo ci sarà un po' troppo caldo.”
E’ incredibile come Fabio Cinti riesca a lasciare, anche nei pezzi piuù struggenti, una scia di vivace ironia, che lo accompagna ovunque, dall’elettronica al rock più puro, alle melodie più tragiche. Forse si tratta di un’ironia ancestrale che non si accorge neppure di avere.
Il 12 marzo 2015 esce un EP di cinque brani elettronici intitolato FQ. Il primo progetto che inaugura l’etichetta Marvis LabL è invece l'album The thin lie, scritto, prodotto e interpretato da Fabio Cinti assieme a Irene Ghiotto, che esce (solo in digitale) il 25 dicembre del 2015. Il progetto musicale MARVIS nasce sempre da un’intuizione di Cinti: scrivere, arrangiare e produrre dei brani in lingua inglese che avessero la capacità e la forza di aprirsi ad uno slancio più grande dell’onesto, seppur centripeto, universo della scrittura cantautorale. Non solo “canzoni” ma piccoli e profondissimi universi che ambiscono a conquistarsi un posto soggettivo, magico, unico, fuori dalle sfere della cosiddetta “musica italiana”.
Quarto album di inediti e sesto lavoro in studio è Forze Elastiche, uscito nel 2016 per Marvis Labl/Goodfellas. Forze Elastiche è un piccolo sogno, che ti accarezza mentre dormi, che ti fa le fusa come una gatta sulle ginocchia, che sa roteare come un cumulo di foglie rosse e gialle sul finire dell’autunno. Paure come cose è un vero capolavoro nella sua incredibile, esaltante mestizia: “Come avere l’insolita paura di un viaggio e starsene seduti, il fumo spettinato nei capelli, le tende bruciate dal sole, quest’anno c’è subito fresco e ancora mi sento imprecare per non riuscire a dormire. Solo il buio mi fa vedere meglio le mie mani, gli spazi tra le dita, le gole tormentate dai segreti. La pioggia che batte sui vetri.”
A breve il cantautore ciociaro pubblicherà un adattamento per archi e pianoforte del capolavoro di Battiato, La Voce del Padrone. dove Cinti si rivela nel suo genio e al contempo nella sua eterna e ironica leggerezza. Un fuoriclasse, a tutti gli effetti. E per inquadrarlo ancora meglio, gli ho posto alcune domande:
Parlami del tuo rapporto personale e da collega prima con Morgan e poi con Battiato Morgan è un vecchio amico, anzitutto. Il nostro rapporto non si basa solo sull'esperienza musicale, ma anche su altre condivisioni. Battiato è un vecchio saggio siciliano, potrebbe essere un mio professore a cui sono molto affezionato! Un grande maestro, e non solo per me, quindi il rapporto si basa su un grande rispetto e quel giusto distacco, anche se è un uomo con un'ironia pazzesca. Gli ho chiesto molti consigli e lui è sempre stato presente.
Se dovessi associare la tua musica ad una corrente artistica dell’arte figurativa quale sarebbe? Domanda difficile... Ma mi vengono in mente i miniaturisti. Le loro opere hanno bisogno più dello sguardo particolare che di quello complessivo. Mi capita spesso di sentirmi dire che le mie canzoni funzionano di più dopo un po' di ascolti, ti entrano in testa più lentamente. È un difetto da un punto di vista pop, probabilmente, ma è così: quando ci entri ti accorgi che ci sono mote minuzie da osservare.
Di cosa parla il tuo libro “Un anno d’amor(gan)”? È un libro di formazione, ispirato all'esperienza della convivenza con Morgan. A un certo punto diventa completamente onirico, proprio come quell'esperienza.
Lo sguardo dei tuoi testi è più interiore o più esteriore? La differenza è molto più sottile di quanto sembri: se parlo di stagioni, per dirne una, probabilmente sto parlando del mio stato d'animo. Quindi direi che le cose si fondono. D'altra parte è anche vero che non sono mai stato bravo a raccontare i guai della società, perché mi interessano di più gli individui singoli.
Perché hai scelto proprio quell’album di Battiato per fare un adattamento e qual è la canzone che senti più tua? Ho scelto "La voce del padrone" per tanti motivi, perché quelle sono state le prime canzoni che ho cantato (a sei anni), perché ero curioso di sentirle con un arrangiamento classico vista la scrittura e gli arrangiamenti davvero perfetti. Soprattutto, perché mi è sembrato un modo per ringraziare Franco Battiato, un tributo affettuoso. Difficile scegliere una canzone, ognuna di esse è stata colonna sonora di momenti precisi della mia vita e, come vedi, lo è ancora! È un album che dura 27 minuti, è come se fosse un'unica suite, e quando lo ascolto, lo ascolto tutto
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21/03/2018 -
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