Sono una delle novità italiane più interessanti degli ultimi mesi. I Vinnie Jonez Band, il cui nome è un omaggio al calciatore e attore gallese Vinnie Jones, hanno da poco pubblicato il loro album d'esordio. Ne parliamo con Gianluca Sacchi, voce e chitarra del quartetto di Palestrina.
”Nessuna Cortesia All'Uscita” è il vostro primo lavoro "lungo". Com'è stata la sua realizzazione? Ha avuto una gestazione molto intensa. Ci sono state canzoni che sono venute fuori di getto mentre altre sono state come un parto trigemino. La scrittura, com'è giusto che sia, non è scienza esatta e quindi gode di vita propria, ma è di sicuro uno dei momenti più belli e allo stesso tempo difficili nella vita di una band
Uno dei brani a mio parere più riusciti è “Idolum”. Com'è nato? Parto trigemino, appunto. Iniziata a settembre 2015 e chiusa praticamente in studio a dicembre 2016. E' anche una delle mie preferite, vuoi per la lunga gestazione, vuoi per il significato che ha nella mia formazione. Il pezzo è stato impostato come un attacco diretto ad ogni tipologia di religione, principalmente il cattolicesimo. E’la canzone sicuramente più carica di rabbia Per i testi siete passati all'italiano, a differenza del vostro primo EP “Supernothing”. A quale ragione è da addebitare la scelta? La ragione è molto semplice e nasce dall’esigenza di comunicare nel modo più efficace possibile senza ricorrere a una lingua non nostra. L’intento è quello di entrare subito in testa all’ascoltatore, non solo con una melodia, ma anche con il testo, con un messaggio chiaro. La scelta dell’italiano è per molti fallimentare, in quanto pare pregiudichi il mercato estero, ma per come la vedo io, in un momento di crisi culturale come quello che stiamo vivendo, riuscire ad arrivare al mercato italiano sarebbe già una vittoria enorme.
Il sound è molto potente, "maschio": chitarre a profusione e sezione ritmica che pesta forte. A quali riferimenti musicali vi ispirate maggiormente? Riferimenti tanti, tantissimi, ma nessuno in particolare. Ci sono gli anni '90 con il movimento che girava intorno a Seattle, c’è quello che è successo dopo con l’ondata stoner, ma c’è anche molto che viene dalla musica italiana, fronte alternativo ovviamente. Non abbiamo e non vogliamo un riferimento vero e proprio.
Palestrina è nota alle cronache rock in particolar modo perchè vi morì Mark Sandman dei Morphine nel bel mezzo di un concerto. Tale avvenimento trova in qualche modo una collocazione nella vostra formazione come musicisti? Io ero lì e un avvenimento del genere lascerebbe un segno indelebile in chiunque. Non mi posso definire un vero e proprio fan dei Morphine, ma sono una band che ammiro e stimo molto sia nell’era Sandman, sia nell’era post-Sandman. Da musicisti di quel calibro si può solo apprendere.
Ora che avete pubblicato la vostra opera prima, quali obiettivi vi ponete a medio termine ? L’obiettivo è far conoscere la nostra musica a più persone possibili. Suonare live in Italia è molto difficile, ma il nostro primo obiettivo ora è questo. Poi appena riusciamo a riorganizzare le idee vorremmo tornare a scrivere, le idee per fortuna non mancano e nel 2018 vorremmo uscire con qualcosa, magari un maxisingolo o un EP. Chissà
Articolo del
02/11/2017 -
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