Abbiamo incontrato Rodrigo D’Erasmo prima del concerto di Bologna e ci siamo fatti raccontare del nuovo lavoro “Folfiri o Folfox” e della nuova particolare avventura come produttore assieme all’amico e sodale Manuel Agnelli nella nuova avventura a X Factor.
Ciao Rodrigo; so che da ragazzo hai fatto studi classici grazie ai quali sei diventato un apprezzato violinista; mi spieghi come si è compiuta l’evoluzione a musicista Rock?
Sono stato folgorato da un concerto dei Dirty Three il gruppo del violinista australiano Warren Ellis, che da anni collabora con Nick Cave; la sua band storica sono i Dirty Three e nel 96 o 97 andai a Roma ad un loro concerto e sono rimasto scioccato dal suo modo di interpretare lo strumento, di suonarlo, di usarlo; aveva un modo dissacrante, lo violentava il violino in una maniera che mi piaceva molto. Usava amplificatori, pedali, distorceva il suono usando i loop; ho sentito qualcosa di inedito per me e molto affascinante. Ero ancora molto distante da questo approccio però ricordo che alla fine del concerto mi sono messo vicino al palco per guardare e cercare di capire tutti gli effetti che usava; piano piano ho cominciato a rubare qualche idea; mi sono comprato un ampli, poi un pedalino, un altro pedalino e mi sono fatto aiutare dagli amici chitarristi e sono entrato in questo mondo che poi in anni di sperimentazione mi ha portato dove sono adesso.
Adesso c’è la moda dei gruppi come i 2Cellos o del violinista David Garrett che prendono i pezzi Rock e li suonano in versione classica. Tu hai fatto il contrario: hai trasformato il violino in uno strumento rock.
Questo genere che citi non mi piace granché; mi sembra molto barocco, molto kitsch; tranne un esempio: Nigel Kennedy che è un enfant prodige della musica classica; poi ha sbroccato completamente, si è fatta la cresta blu da punkettaro ed è diventata un’icona in Inghilterra; è rimasto un virtuoso che ha deciso di portare la musica classica nei club e di avvicinare i ragazzi al violino e mi sembra un’iniziativa molto utile perché le ultime generazioni si sono allontanate dalla musica classica e lui le sta riavvicinando. Io uso il violino in modo simile alla chitarra elettrica mantenendo però alcune caratteristiche peculiari del violino, il suo substain per esempio, e con l’archetto si possono produrre dei suoni che la chitarra non ha.
Oggi si chiude il tour ufficiale degli Afterhours; dopo hai già dei progetti a cui dedicarti?
Sono da subito impegnato insieme a Manuel Agnelli nella nuova avventura di X Factor. Sono il produttore che lavorerà con lui alla trasmissione. Siamo già al lavoro. Appena finito il tour ci attiveremo entrambi in modo più assiduo per lavorare con i ragazzi della nostra squadra e preparare i brani; abbiamo già scelto un po’ di materiale e questo è un impegno che avrò fino alla fine dell’anno. All’inizio dell’anno nuovo ci sono tanti progetti con gli Afterhours. Per quando riguarda me, in passato ho già avuto molte collaborazioni; l’ultimo anno e mezzo le ho limitate un po’ perché il mio ruolo negli Afterhours è diventato molto impegnativo, in termini musicali ma anche organizzativi e manageriali e devo dedicare molto tempo anche a questa parte; è molto interessante e affascinante e mi fa imparare molte cose. Fermo restando, sono un musicista molto eclettico e poliedrico e quindi mi piace sperimentare; l’ultimo progetto in cui mi ha coinvolto Stefano, il nostro chitarrista, è la collaborazione con un’artista del Mali, Rokia Traoré con cui abbiamo fatto qualche data in Europa quest’estate e abbiamo registrato un pezzo per una campagna; lei è molto impegnata anche nel sociale; abbiamo scritto questo pezzo molto bello che a breve uscirà e c’è un progetto discografico comune. E questo mi affascina molto; quel mondo della musica africana la vorrei davvero sondare; spero che Rokia sia un canale che mi apra altre collaborazioni.
Anche perché nella musica popolare africana il violino non esiste; per loro sarà stata una novità.
Infatti per Rokia il violino è stata una scoperta e siccome è una persona curiosa e le piace sperimentare si è trovata subito bene.
So che hai lavorato anche per i MUSE; li hai conosciuti di persona?
In realtà no: abbiamo lavorato a distanza; il loro produttore Tommaso Colliva è anche il nostro produttore e mi invitò all’epoca semplicemente perché i Muse avevano finito il disco ma erano rimasti fuori due brani che non avevano potuto orchestrare; Bellamy aveva delle parti che voleva sviluppare e Tommaso mi ha chiesto di completarle; insieme a Daniela Savoldi, una violoncellista molto brava, abbiamo completato le registrazioni, le abbiamo proposte e sono finite nel disco.
Invece cosa mi racconti della tua collaborazione con la mitica PFM?
E’ stata una delle mie prime esperienze di altissimo livello professionale; è stata anche abbastanza casuale; in un certo periodo mi sono trovato ad essere molto richiesto; stavo lavorando con Cesare Basile e in quel periodo mi è stato chiesto di chiedere di fare il tour con Cristina Donà che avevo conosciuto grazie agli Afterhours; ho dato un sì di massima a Cristina. Lo stesso manager di Cristina in quel momento era anche il manager della PFM, e in quei giorni Lucio Fabbri doveva saltare alcune date del loro tour e quindi mi venne chiesto di sostituirlo; mi ricordo che mi sono dovuto preparare al volo il concerto che era molto impegnativo e quando suonammo a Catania ero abbastanza in paranoia; mi ricordo che stetti tantissimo in camera con Mussida a ripassare il concerto. E’ stata una bellissima esperienza.
Parliamo dell’ultimo disco degli Afterhours; il titolo “Folfiri o Folfox” (due medicinali utilizzati per combattere il cancro) sintetizza l’argomento principe: l’elaborazione del lutto; essendo un’esperienza molto intima e personale vissuta da Manuel Agnelli, il resto della band come l’ha approcciato?
Da un punto di vista testuale e di tensioni e degli argomenti è stata assolutamente un’idea e un’esigenza di Manuel che però quando ci è stata trasmessa è diventata molto condivisa perché tutti più o meno hanno avuto simili esperienze e comunque aveva a che fare con il distacco, la morte e il dolore e prima o poi capita a tutti; per cui questa cosa ci ha compattato molto, ci ha fatto unire, anche se musicalmente eravamo già abbastanza uniti, ma quando è nata l’idea di dare un concetto al disco, questa cosa ci ha ulteriormente cementato come band. Ed è stata una chiave di volta perché ci siamo riconosciuti in questa intenzione, in questa esigenza ed è diventato catartico potersi liberare.
Quindi non è stato difficile trovare la giusta empatia.
Assolutamente no.
Manuel Agnelli, musicalmente parlando, è un leader, un boss, entrambe le cose o nessuna delle due?
Entrambi nel senso che è un leader in grossa percentuale perché è uno che sa dare la visione, sa guidare dall’inizio alla fine di un lavoro; è un faro, ti porta sempre verso l’obiettivo anche se all’inizio non capisci qual è ma c’è sempre un obiettivo ed è quindi interessante lavorarci a fianco. In questo disco ho imparato moltissimo perché mi hanno assegnato un ruolo più importante rispetto al passato, sia a livello compositivo sia a livello manageriale, e quindi sono stato sempre al suo fianco dalla prima all’ultima nota; però è una guida che ti lascia molto spazio, quando si fida e capisce si sottrae; quindi è molto leader; la parte più bossy è quando c’è da prendere una decisione; quando c’è da ... quando magari c’è un attimo di empasse o di sconforto o semplicemente di smarrimento, lì arriva a metterci un pochino il marchio da boss; anche quando siamo in tour ad esempio è ossessionato dalla perfezione della performance, quindi non molla mai un colpo; non c’è il concerto in cui “vabbè stasera c’è meno gente“. In questo senso ogni tanto riprende le briglie in modo più rude o dura, quindi può anche farsi malvolere ma in realtà tutti sanno che l’obiettivo è dare il massimo e quando vedi che il risultato si raggiunge, tutti capiscono che diventa giusto; è una persona molto rispettosa del lavoro altrui e dello spazio degli altri.
Da questo doppio disco sono rimaste escluse delle canzoni che potrebbero essere pubblicate in futuro?
Sì. Poteva essere un triplo. Avevamo tantissima roba. Ad un certo punto ci siamo anche fermati a comporre perché avevamo delle scadenze; avremmo potuto continuare a suonare e arrangiare ma ci siamo dovuti fermare perché c’era già tanta roba; alcune canzoni sono quasi concluse perché le avevamo calcolate nell’album, poi le canzoni si sono scelte tra di loro e alcune sono state scartate; altre canzoni sono in uno stato più embrionale ma già con una direzione e una forma, quindi è tutto materiale buono pronto per il prossimo album di inediti; nel frattempo però vorremmo lavorare ad un’altra operazione della quale non posso dire di più; comunque sono rimasti fuori un paio di singoli molto potenti che però non erano in linea con il resto dell’album.
Ne suonate alcuni in questo tour? No. E’ probabile nel prossimo tour nei club che vogliamo fare molto “concept” sull’album; in questo tour suoniamo una decina di canzoni dal disco nuovo che comunque sono tante, ma nei club vigliamo fare un concerto diviso tra le due facciate; è previsto per l’inizio dall’anno nuovo e potrebbe esserci l’occasione di suonare i brani nuovi se avremmo avuto il tempo di rimetterci le mani; chissà magari qualche chicca nuova la potremmo testare.
Questo è una notizia davvero interessante; nel tuo tempo libero durante i viaggi o le pause del tour, quali sono i tuoi hobby, le tue passioni?
Mi piace leggere; anche se dipende dai periodi e dai livelli di concentrazione che riesco a mantenere. Questo è un periodo molto intenso sono preso da troppe cose; nei viaggi lunghi per esempio mi sono sempre portato un libro ma ho fatto fatica a leggerlo perché la testa se ne andava altrove e passavo anche un’ora a guardare fuori dal finestrino mentre il cervello viaggiava ad una velocità mostruosa; la cosa bella dello stare insieme è che ci confrontiamo spesso sulle letture; ci consigliamo dei libri e parliamo molto di cinema perché siamo tutti appassionati anche di cinema. E anche questo ci lega molto. Il mio regista preferito è Wes Anderson per il suo immaginario un po’ cartoon un po’ folle, anche surreale per certi versi; mi affascina moltissimo. Ma è il primo che mi è venuto in mente; degli storici potrei dirti David Lynch. Dei nuovi invece, anche se ormai nuovo non è perché è diventato un icona, direi Nolan.
Qual è il libro più bello che hai letto ultimamente?
Il libro che mi è piaciuto di più negli ultimi anni è Karoo di Steve Tesich; è la storia di uno sceneggiatore alcolizzato che però ad un certo punto gli scatta un clic strano e non riesce più a sbronzarsi e da qui parte tutta la sua epopea. È un libro straordinario che ti consiglio. Sono anche un grande fan di Vonnegut e del suo surrealismo.
Manuel Agnelli cita spesso lo scrittore americano David Foster Wallace che io adoro. Lo conosci?
Amo molto anche David Foster Wallace, anche se a tratti è un po’ faticoso, come lettura; se ho la concentrazione giusta mi appassiona; in altri momenti faccio fatica; per leggere Infinite Jest (NdI: il suo libro più famoso lungo 1.200 pagine) ci ho messo una vita, quasi come Joyce.
Articolo del
21/09/2016 -
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