Un minitour italiano per celebrare 'Misery Is A Butterfly', il loro sesto album in studio, quello della definitiva consacrazione. I Blonde Redhead saranno in Italia nella seconda metà di luglio con uno spettacolo incentrato sul loro capolavoro del 2004, riarrangiato insieme ad un quintetto d’archi. Sei concerti per ritrovare dal vivo uno dei capisaldi dell’art/indie-rock degli ultimi quindici anni.
Domenica 17 il trio newyorchese, ma dal sangue italiano e giapponese, aprirà al Teatro Romano di Fiesole (FI), poi il 19 sarà a Pescara (Spazio Aurum), il 20 a Milano (Teatro CRT), il 22 a Gardone Riviera (BS) (Anfiteatro del Vittoriale), il 23 a Roma (Auditorium/Cavea) e il 25 a Rimini (Corte degli Agostiniani). Ne parliamo con Simone Pace, batterista della band tra le più influenti e rispettate al mondo.
'Misery Is A Butterfly' è già un classico, ma non l'unico della vostra discografia. Perchè avete scelto quello e, soprattutto, perché proprio adesso?
In verità abbiamo già fatto una cosa del genere, qualche anno fa a Parigi, anche se eravamo in un contesto diverso perché si trattava di una serata in memoria di Serge Gainsbourg, a cui il disco era ispirato. Da allora ci eravamo ripromessi di dedicarci a questa cosa con un vero e proprio tour, poi però fummo assorbiti da altri impegni, tra cui la realizzazione di 'Barragàn', e rinviammo il tutto. Adesso invece abbiamo un po’ di tempo, per cui faremo dapprima un minitour solo in Italia e poi per settembre stiamo pianificando una serie di concerti da tenere nei teatri USA.
Fu il vostro primo album su 4AD. Quali aspettative vi accompagnarono durante la lavorazione?
Realizzammo l’album tra mille difficoltà ma devo dire che fu bello perché per noi lavorare in quel modo, con le orchestrazioni e tutto il resto, era una cosa nuova, a cui peraltro stavamo pensando già da un po'. E alla fine sentire la differenza tra i pezzi nelle versioni iniziali, più “rozze”, e in quelle finali, più rifinite, fu davvero un bel regalo che ci facemmo. E devo dire anche che, nonostante ci lavorammo tanto, si trattò di una cosa molto spontanea, a registrare ci mettemmo 2-3 giorni.
Il disco arrivò a quattro anni dal precedente 'Melody Of Certain Damaged Lemons'. Che ricordi hai di quel periodo così lungo di gestazione?
Ci mettemmo tanto anche perché Kazu (Makino, la cantante, ndr) ebbe un incidente a cavallo e quindi nel bel mezzo dei lavori dovemmo interromperci per un po’. Ma a posteriori fu una cosa positiva perché ciò ci diede modo di sviluppare tantissimo la parte musicale.
Tra l’altro nel disco erano presenti vari riferimenti a quell’ incidente, sia nei testi che, ad esempio, nel video di Melody. Fu un modo per esorcizzare la faccenda ironizzandoci sopra ?
Sì, decisamente. Hai citato giustamente il video di Melody ma anche quello di Equus è incentrato su quella vicenda.
Credi che 'Misery...' abbia avuto un lascito sulla scena odierna? Negli ultimi anni non poche band, anche importanti, lo hanno citato come riferimento.
In verità non penso mai a come le altre band possano accoglierci o all’eredità che potremmo lasciare, non rientra proprio nel nostro modo di concepire la musica. Difficile pure che ascoltiamo i nostri stessi dischi, perché ascoltare la propria musica è come sentirsi parlare allo specchio. Lo facciamo solo quando c’è da preparare un tour, e comunque sempre nell’ottica di cambiare le versioni dal vivo rispetto a quelle incise su disco. A noi basta sapere che per molte persone quel lavoro è stato importante, che è arrivato alla gente da un punto di vista emotivo. Il resto non conta.
A produrvi fu Guy Picciotto (co-leader dei Fugazi insieme a Ian MacKaye, ndr), come nei due album precedenti. Volevo chiederti com’è stato lavorare con lui e se credi che in futuro la cosa possa ripetersi.
Avevamo chiesto a Guy se voleva unirsi a noi in questo minitour, magari per suonare qualche parte di chitarra, ma lui adesso ha una famiglia, è contento così e credo che per il momento preferisca dare la precedenza a questa sua nuova dimensione. Lavorarci insieme è stato fantastico, lui è una persona davvero generosa nel metterti a disposizione il suo tempo, le sue idee. E poi non è mai stato invadente, non ha mai preteso il controllo delle situazioni e ha sempre cercato di far venire fuori le nostre cose migliori. Se mi chiedi se mi piacerebbe fare un altro disco con lui, naturalmente ti dico di sì e spero che un domani possa accadere di nuovo.
La copertina, infine. Quella donna raffigurata a seno seminudo mi ha sempre fatto pensare alla cover di 'Surfer Rosa' dei Pixies. Era un riferimento voluto?
In verità no. L’illustrazione fu opera di Kazu ed era ispirata ai lavori del designer, fotografo e architetto italiano Carlo Mollino.
Come sarà lo spettacolo che terrete in Italia?
Sinceramente ancora non lo so. Vedi, è proprio questa la parte che più mi preoccupa perché prima dobbiamo considerare un sacco di cose che dipendono in gran parte dagli arrangiamenti con la sezione orchestrale. Saremo in Italia quattro giorni prima del debutto proprio per lavorare su questo aspetto e lì decideremo che tipo di spettacolo presentare e l’ordine dei pezzi da suonare. Inizialmente avevamo pensato di proporre una prima parte dedicata interamente a 'Misery...' e una seconda più rock, però non so ancora se sarà possibile. Sicuramente suoneremo due brani nuovi.
Che immagino finiranno sul vostro prossimo disco. A proposito, avete già le idee chiare a riguardo?
No, anzi. Al momento siamo concentrati su questo progetto e non stiamo ancora pensando al seguito di 'Barragàn'. E inoltre i due brani succitati non sono stati scritti nell’ottica di pubblicarli su un disco. Intanto li suoniamo poi vedremo che farne.
Articolo del
13/07/2016 -
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