Ci sono quelle epoche in cui avresti voluto vivere, esperienze che avresti voluto fare, i live che avresti voluto ascoltare, in quel dato momento, in quella precisa ora. Non spaventatevi, non sono qui a speculare sull’impossibile recherche du temps perdu. Avrei voluto avere la possibilità di perdermi per cinque giorni tra le 20.000 menti libere che nel 1985 spogliarono le loro anime sotto il palco della “baracca più felice del blocco sovietico”, il Festival di Musica Rock di Jarocin, gettando nei vicini boschi quell’odore di frustrazione dalla grigia realtà che si tenevano addosso. Ho avuto la possibilità di parlare con i suoi più grandi protagonisti, i Variété, semplicemente Grzegorz Kaźmierczak, Marek Maciejewski e Marcin Karnowski (con il supporto di Bartek Gasiul) in occasione del Polska Free Party al Circolo degli Artisti, organizzato nel quadro del Corso Polonia 2014, ideato a sua volta dall’Istituto Polacco di Cultura di Roma.
Dopo venticinque anni dalle prime elezioni (semi)libere polacche, anch’io, nostalgica “newwavavvara”, ho odorato quel lontano vento di libertà tanto nelle loro parole quanto nella loro musica. Il resto è storia di un post-show all’insegna di un’alchimia conoscitiva (anche con i poliedrici UDA, esibitisi prima di loro)senza pari. “Perdete” un po’ del vostro tempo per conoscerli meglio anche voi. Non sarà tempo perso…
Variété: nonostante sia difficile definire unilateralmente il vostro stile, passate alla storia come i principali rappresentanti della Cold Wave polacca. Nascete nel 1983 sotto il simpatico appellativo “Zy Zy Zy” che ben presto cambierete in “La variété est morte” e, in seguito, definitivamente in Variété. Il nome in questione è un riferimento alla francese estetica della Cold Wave intesa come punto differenziale rispetto alla New Wave britannica? Cosa sottintende questa “Varietà”?
Grzegorz: Sai, quando abbiamo inventato questo nome volevamo riferirci al clima della bohème parigina degli anni 20. Da qui la scelta della bohémienne “La variété est morte” come adeguato richiamo al periodo della legge marziale nel quale abbiamo iniziato a suonare. Col tempo ci rendemmo conto che vi furono dei problemi nella corretta pronuncia da parte di molti per cui siamo ritornati a “Variété”. Penso che in questo momento il nome è rappresentativo della musica che suoniamo, la nostra strada è “varia”, suoniamo “variatamente”.
Non a caso, nonostante un rinomato richiamo alla New Wave, vi distinguete fin da subito da altri gruppi appartenenti al genere e formatisi agli albori degli anni 80 (penso a Brygada Kryzys, Rezerwat, Siekiera, Dezerter, Armia etc.). E’ un paradosso. I più apprezzati rappresentanti della stessa, sfuggono da una marcata tendenza volta a posizionare le band o sul polo del rivoluzionario punk o nel post-punk più rassegnato. Siete in una sorta di intermezzo indefinito: la critica definisce la vostra musica come tetra poesia cantata, mistica melorecitazione con grande carico intellettuale. Variété è solo un’avanzata ambizione verso la materia testuale, oppure c’è qualcosa in più?
Grzegorz: Abbiamo iniziato come gruppo New Wave, ma è stato tanto tempo fa! Il tempo è passato: il ruolo dell’artista sta nel ricercare continuamente, trovare sempre linguaggi nuovi, perciò ci siamo allontanati da quest’estetica. Adesso suoniamo un genere totalmente diverso. Quanto alla critica, quest’ultima, specialmente dopo gli ultimi album, tende ad equiparare il livello musicale con quello testuale. Del resto penso che il nostro successo stia proprio nel connubio musica/testo: la musica evidenzia il testo e il testo le dà sostanza. Sai, è l’unione la chiave.
Marek: Non si può dire che solo uno di questi elementi dia il valore aggiunto: esso si compone di entrambi. Insieme sprigionano una forza che funziona, un vero successo.
Nel comunicato del Circolo si legge: “La formazione ha mantenuto sempre una posizione di nicchia come formazione preferita dall’intellighenzia polacca”. Vi sentite così? Vi riferite solo a questa ristretta fetta di pubblico?
Grzegorz: Marcin, hai ben risposto tu a questa domanda in una recente intervista, ripetilo!
Marcin: non ci sentiamo parte di nessun ruolo. E’ una frase bellissima che ci lusinga, ma ricordiamo che ci sono molti altri gruppi che “suonano per l’intellighenzia”. E’ difficile posizionarsi come “l’unico” gruppo in questo ruolo.
Debuttate al Festival di Musica Rock di Jarocin nel 1984. Sappiamo bene come la “Woodstock polacca” (sebbene stricto sensu ne esista un’altra: Przystanek Woodstock) rappresenti nella coscienza collettiva una vera oasi della libertà, della libera espressione dove la musica si colora di verace ribellione sfuggente alle reti della censura. Questo aspetto pare non fuoriuscire dai vostri live. Il vostro esistenzialismo tenebre non ha sottotesti (anti)politici. Sbaglio?
Grzegorz: Guarda, ci sono alcuni testi che non sono passati per la censura. Ad esempio quello della canzone Cmentarze (“Cimiteri”). Ovviamente continuavamo a suonarla. Marek: Sai, non c’è un diretto riferimento, un testo parlante chiaro. E’ tutto concatenato nei profondi sotterfugi espressivi. Si trattava di questo in quei tempi: i gruppi erano tantissimi e diversi sotto il profilo stilistico, ma era un posto dove potevi assaporare e sentire la vera libertà.
Grzegorz: Posso entrare ancora più in profondo? In linea generale viviamo nei tempi del “culto della circostanza”, nel senso che tutti parlano delle circostanze e non dell’uomo. Penso che lo scopo della vera arte stia proprio nel parlare dell’uomo piuttosto che delle circostanze. La musica, l’arte, la poesia devono essere separate dalla politica. Non dovrebbero essere reattive, non dovrebbero reagire a ciò che accade nel mondo politico, bensì occuparsi dell’uomo. Per questo penso che fin dall’inizio il ruolo dei Variété sia evaso da questa univoca connotazione.
Marek: Sai, non si trattava nemmeno tanto di un diretto riferimento politico, bensì sistemico. E’ come se attualmente ci riferissimo alla politica attuale. Non ci mettiamo di certo a sporcarci le mani con situazioni che non sono importanti, tantomeno sagge.
Grzegorz: Ci sembrava superfluo dire direttamente che “Il comunismo fa schifo”, che “bisogna combatterlo”, come facevano tanti altri gruppi. Questa è pubblicistica. Non è arte. Certamente, la critica del sistema e dei tempi in cui vivevamo c’era nei nostri testi, ma non era esplicita, comune.
Marcin: Nel nostro ultimo album Piosenki Kolonistów (“Canzoni dei Colonisti”), Grzegorz canta nella canzone Kim…
Grzegorz: Ti ricordi il mio testo!? (ndr, l’intervista prende sempre più la piega di una piacevole ed informale conversazione)
Marek: …Canta “oggi non sono utile”. Non credo si possa utilizzare politicamente o per altri scopi commerciali.
Nel 1985 entrate in studio e registrate il famigerato singolo “I znowu ktoś przestawił kamienie” (“E di nuovo qualcuno ha spostato i sassi”), subito dopo, il primo LP “Bydgoszcz” nel 1986. Tutto è pronto per l’uscita ma succede qualcosa di strano. Degli sconosciuti rubano dalla macchina il master-tape appartenente al vostro manager, il quale non è stato trovato fino ad oggi. Grazie alle poche copie circolanti all’epoca, ne viene pubblicata una da parte di “Akademickie Radio Pomorze” (“Radio Accademica Pomerania”) senza il vostro consenso, nel 1992. Alla fine decidete di pubblicarlo nel 2002 sotto il nuovo nome “Bydgoszcz 1986”. Perché così tardi?
Grzegorz: Dopo la scomparsa non siamo riusciti a ritrovare il nastro rubato. La copia del master-tape è stata ritrovata proprio dopo tanti anni proprio grazie al nostro ex-manager. L’abbiamo ripulita dato che la registrazione non era ideale nonché indicativa delle fasi intermedie di incisione. Sai, dopo tutti questi anni la pubblicazione aveva principalmente un significato sentimentale.
Correva l’anno 1986: il festival di Jarocin prende il nome “Pod powierzchnią gra cygańska muzyka” (“Sotto la superficie suona la musica zingara”) proprio dalla vostra canzone “Cygańska Muzyka”. Un altro aneddoto: il concerto viene immortalato dalla BBC nel documentario “My Blood Your Blood” (in richiamo alla canzone “Moja Krew” (“Il Mio Sangue”) dei Republika). A causa della scarsa illuminazione non finite nel film. Se doveste riaccendere i riflettori su quella scena, cosa immortalereste?
Grzegorz: Senti, la storia è questa: i signori della BBC mi si avvicinano prima del concerto e chiedono se vogliamo essere nel film che gireranno. Rispondo ovviamente di sì con la sola richiesta di non essere illuminato troppo sul viso durante il live. Non mi hanno ascoltato e mi hanno illuminato durante il concerto. A quel punto mi sono avvicinato al riflettore e l’ho girato. E i signori dopo il concerto mi hanno ben scritto che “il suo gruppo non è finito nel film a causa della scarsa illuminazione”.
Avevo un’altra domanda inerente a ciò ma a questo punto non la pongo… (ndr, parte una risata comune, alla stregua della sempre più evidente informalità) Avete inciso sette album, superando la prova del tempo a differenza dei molteplici gruppi New Wave dell’epoca. Vi distanziate dalla primordiale Cold Wave passando per IDM fino ad approdare al nu jazz. E’ conseguenza di una scelta volontaria o trattasi di un spontaneo corso degli eventi?
Grzegorz: Beh, nessuno ci ha costretti! Noi non riflettiamo mai sulla musica che suoneremo. Semplicemente entriamo in sala prove, creiamo una buona atmosfera, ci consacriamo alla musica e andiamo dritti al cuore, non pensando a ciò che uscirà fuori.
Conoscete dei gruppi New Wave italiani?
Grzegorz: No. Ci abbiamo pensato proprio oggi ma non ci è venuto in mente niente!
Posso consigliarvi qualche buon gruppo quando vi manderò l’articolo, ovviamente solo se volete…
Grzegorz: Bene!
Avete suonato negli Usa e in Russia ma mai in Italia, giusto?
Grzegorz: Sì. “Nella zona” abbiamo suonato solo in Grecia.
Una parte del pubblico di stasera sarà italiana. Non temete che l’asso nella manica, quella carta vincente dei testi, non sarà capita? Cambierete il repertorio dell’attuale tour nazionale puntando più sulla sperimentazione musicale?
Grzegorz: Di certo è un problema, ma mi auguro che l’espressione dirà tanto quanto il testo.
Marek: non ci saranno speciali interventi o modificazioni.
Grzegorz: C’era l’idea di tradurre i testi per il pubblico italiano, ma non ce l’abbiamo fatta con i tempi. Del resto: a chi va durante un concerto rock di leggere i testi, ti prego!
Ultima domanda: La Variété est-elle morte?
Grzegorz: Penso di no! Come si vede.
(La foto durante l’intervista ai Variété è di @Jessica Barresi.
Articolo del
20/06/2014 -
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