Avere la capacità di proiettare un progetto musicale in un’opera letteraria non è da tutti; certo, è quello che hanno fatto con assoluta maestria i Merce Vivo, alias il duo formato da Lukasz Mrozinski ed Eros Giuggia. Liberamente ispirato a “Montedidio”, uno dei capolavori di Erri De Luca (raccolta di negativi ed istantanee del mondo napoletano), ”Lasortedelcanecheleccalalama” vuole raccontare la ‘consapevolezza della perversione che li lega all’oggetto carnefice del loro desiderio’: così in soli sette pezzi si racconta la macabra, se non maledetta passione per il piacere del dolore, che si sa, dice molto più di noi e ben si accorda ad un mood che nulla ha da invidiare a quello dei conterranei Afterhours, di cui calcano un po’ la linea. Supponete una ben radicata, cronica sindrome di Stoccolma in cui il nostro aguzzino siamo proprio noi. Supponete toni di batteria lenti, bassi sonori ma che si rompono come cascate in acqua ( ‘e se il mare avesse poi ragione?’ del resto i due si chiedono ), intervallati da un sassofono gentile quanto melodico (”Oceanomare”, che ricorda alquanto le note di Musa di Nessuno del prima citato gruppo di Manuel Agnelli, come del resto ”Ivre” ). ‘Essenziale ed invisibile agli occhi’ una lenta nenia che intervalla Il sole e la sorte, funge un po’ da chiave di volta per la comprensione dei Merce Vivo, che parafrasando le parole di un tale genio si può tradurre in: ciò che ci nutre, ci uccide. ”Imperfezione”, opening track dell’album, invece, strizza l’occhio ad un più controverso Subsonica. ”Helika” ricorda un Grignani assorto e malinconico, abbandonando per un istante i toni maledettisti. “Lasortedelcanecheleccalalama” è un album ricco di riferimenti al mondo (letterario o meno) che ci circonda, non si chiude in un improbabile emisfero catartico, isolato dal resto: il dolore, quello vero ed auto inflitto, prima di essere reale è sicuramente concreto, tanto quanto la terra su cui esistiamo. E poi, del resto, più in basso di così si sta tre metri sotto terra.
Articolo del
08/03/2012 -
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