Chi salverà la musica? A fermarla, parafrasando una celebre canzone dei Pooh, ci ha già pensato la girandola di avvenimenti che da un po’ di tempo a questa parte ha messo a dura prova il mondo intero. Chiusi in casa, braccati come animali in gabbia, su e giù per l’appartamento a rigirarci i pollici in attesa che, prima o poi, ne usciremo fuori, e non solo in senso figurativo.
Quante volte abbiamo desiderato del tempo da dedicare a noi stessi, ma adesso che siamo stati in qualche modo accontentati non sappiamo cosa farcene realmente, al massimo ci limitiamo a sprecarlo come l’acqua sotto la doccia. Quando basterebbe dedicarlo al proprio acculturamento per trarre enormi benefici per noi stessi e per gli altri.
Ma attenzione, per cultura non si intenda mica citare il Manzoni nazionale sui social per sottolineare eventuali attinenze tra la peste manzoniana del ‘600 e l’attuale influenza che vede proprio Milano come una delle città simbolo (non per sua scelta) del difficile momento che stiamo vivendo. Quello serve piuttosto a ricordarci che la storia non è altro che un susseguirsi ciclico di eventi che si ripete, ma da cui i principali attori (cioè noi) non riescono mai a trarre i giusti insegnamenti da tramandare a chi tra qualche secolo si troverà in una situazione concettualmente simile alla nostra.
Mi piacerebbe però sapere perché tutti raccomandano di seguire regole ben precise e prestare attenzione a determinati comportamenti, senza che ci siano però istruzioni sul come trarre giovamento da questa situazione in cui malgrado di ritroviamo senza via d’appello. Leggo di decaloghi da seguire alla lettera per evitare di estinguerci come i dinosauri e il dodo (e in fondo lo meriteremmo anche), peccato che ci sia un punto che è stato bellamente ignorato: nutrite la vostra mente, più volte al giorno.
Però in compenso ci sono comandamenti e dogmi che vanno seguiti senza porsi troppe domande, in cui credere ciecamente e avvalendosi di una fede incrollabile, da non mettere mai in discussione. Dalla televisione alla radio, passando ovviamente per i social (e ti pareva), veniamo inondati di spot che ci ricordano costantemente cosa fare e cosa invece non fare; a questo punto si presume che la società sia formata da una manica di fessacchiotti se il concetto va ripetuto più e più volte. Repetita iuvant dicevano i latini, e se lo affermavano loro allora c’è da fidarsi. Cosa buona e giusta tra l’altro quella di seguire queste raccomandazioni e regole, assolutamente niente da ridire a riguardo, ma alla salute culturale di un popolo ormai allo sbando chi ci pensa? Sto seguendo l’intera vicenda quanto basta, eppure di proclami per salvaguardare la cultura nemmeno l’ombra.
E non mi aspettò che a fare ciò siano i volti noti della televisione, le cui esortazioni fanno presa su un pubblico ormai lobotomizzato e teledipendente da anni di tivvù spazzatura; il rischio è che venga fuori un messaggio altamente fuorviante. Meglio affidarsi a una categoria più idonea, in effetti. E da musicisti, scrittori e quant’altro ci si aspetterebbe una presa di posizione in merito piuttosto forte, ben oltre la condivisione di un hashtag o le belle parole che le porta via il vento.
Nessuno si è spinto oltre qualche timida iniziativa morta sul nascere e tentativi piuttosto blandi di agire concretamente. Ancora troppo poco, così non basta! Quando in questo difficile momento storico proprio il settore musicale si conferma come uno dei più colpiti. I pensieri di tutti noi dovrebbero essere rivolti anche a chi vive di musica, letteralmente, come il senzatetto che suona nella via più affollata della città, un affermato cantante di un indie sempre più mainstream o l’artista emergente che si vede cancellare le sue due serate in uno dei locali della zona, oppure chi organizza eventi o finanche il povero roadie che si fa un mazzo così per pochi soldi.
Immaginate di essere un’artista che sta lavorando al suo quarto album, e che in tempi non sospetti aveva annunciato la sua uscita nel periodo primaverile, come potrai mai sentirsi secondo voi dopo aver annusato il rischio di dover rimandare il tutto a data da destinarsi? Se a questo aggiungiamo anche la cancellazione di alcuni concerti, fonte di guadagno per ogni musicista che si rispetti, allora ecco che quell’artista sta vivendo un vero e proprio incubo. E con lui tanti altri.
Non sono un musicista e non scrivo canzoni, però scrivo, e so bene che ci sono momenti propizi e altri poco opportuni. Periodi favorevoli che sono come l’ultima corsa della metro, persa l’occasione non ti resta che aspettare; il che non sarebbe nemmeno un problema se questo caos strisciante in cui ci troviamo avesse una data di scadenza come il latte o il lievito (che puntualmente mi tocca buttare nel cassonetto). Non si tratta di essere tragici o pessimisti cosmici per una questione che passa in secondo piano rispetto a un’emergenza sanitaria, ma certi dischi (così come libri, film e quant’altro) sono nati e pensati per uscire in un determinato periodo dell’anno, stop.
La colpa chiaramente non è di nessuno, sebbene qualche j’accuse potrebbe essere indirizzato con malcelato sdegno verso qualcuno e qualcosa. Shit happens, che piaccia o meno. Non so, magari tra un mese o forse due si tornerà alla tanto agognata normalità (e me lo auguro vivamente) e potremmo dire di aver superato anche questa.
In realtà non c’è molto che possiamo fare se non attenerci a quelle che sono le regole del buon senso che, per quanto in alcuni casi siano pregne di ipocrisia, potrebbero darci una mano a tirarci fuori da questo pantano in cui siamo scivolati. Possiamo però provare a salvare tutte quelle arti che trovano riparo sotto quella grande cupola chiamata cultura.
Diffidate quindi dai falsi profeti e state alla larga da chi vende fake news a buon mercato. Fate invece sentire la vicinanza alle donne e agli uomini di cultura, siano essi musicisti o pittrici, poetesse o scrittori, e son sicuro che anche loro faranno altrettanto. Nei momenti di stanca, dove la noia prende il sopravvento e si percepisce l’arrivo dell’ora più buia, è a quel punto che l’uomo deve combattere per arricchire sé stesso dal punto di vista culturale.
“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Ulisse non ha navigato in lungo e in largo per una decade per andare in vacanza come aveva ironicamente ipotizzato Guido Gozzano, e Dante non ha mica scritto quel celebre verso perché alcuni ne facessero bella mostra sui social (potrebbe sembrare anche il mio caso con questo editoriale, ma vi assicuro che non lo è). Preservate la cultura del bello, quella che vale la pena far entrare nelle vostre vite e che vi rendano uomini e donne migliori. Approfittate del ridimensionamento della vita sociale per allargare invece i vostri orizzonti.
Avete sempre rimandato l’ascolto al contrario di “Stairway To Heaven” dei Led Zeppelin per scovare messaggi nascosti e subliminali? Fatelo, ma in presenza di un uomo di fede. Non si sa mai. Avete ancora un disco avvolto nel cellophane che magari è lì perché non avete avuto nemmeno il tempo di degnarlo di uno sguardo? Apritelo e ascoltatelo. E la stessa applicazione riversatela sui libri, sui film, sulle poesie mai scritte o sui racconti che non avete mai avuto né la voglia né il tempo di portare a compimento.
Per la serie “potete anche costringerci a rimanere in casa con la forza, ma dalla cultura non ci separerete mai”. Perché la questione è quella, non so se nella vostra lungimiranza intellettuale siete stati in grado di coglierla. Attraverso la cultura, non solo quella di derivazione musicale, possiamo abbattere ogni limite e viaggiare ovunque, pur rimanendo confinati tra le opprimenti mura delle nostre abitazioni.
Nel vostro essere dannatamente moderni e tecnologici prendete spunto in un’epoca lontana ha combattuto con epidemie ben più letali e ha salvato la pellaccia rifugiandosi nella cultura. Possibile mai che il Decamerone di Boccaccio non ci abbia insegnato niente? Ricominciate da tre come l’immenso Troisi ci ha suggerito in uno dei suoi preziosi lasciti cinematografici, applicando il trittico di azioni che vi renderà la versione migliore di voi stessi: ascoltare, pensare e confrontarsi.
Lasciate che per le vostre case risuonino sinfonie classiche o le canzoni di Dalla, De Andrè o Battiato. Mi pare giusto e ovvio sottolineare che i gusti rimangono tali anche in casi come questi, non è un virus a decretare senza appello chi è meritevole di essere riprodotto su Spotify o su un vecchio giradischi. Approfittatene magari per ascoltare generi mai esplorati o che fino a ieri odiavate con tutti voi stessi. Facciamo in modo che questo tempo non vada sprecato, non solo perché lo scorrere inesorabile delle lancette è diventato un bene assai più prezioso di un gel disinfettante, ma perché potremmo non avere più la possibilità di migliorarci una volta che la normalità entrerà di nuovo da quella porta.
L’essere umano è predisposto geneticamente per sopravvivere a pandemie ed eventi catastrofici, ma privarlo della cultura equivale ad affossare la sua anima e a inebetire il suo intelletto. E non pensiate che io sia un fottuto ipocrita che predica bene e che razzola male, perché l’invito rivolto a voi è lo stesso che ho fatto a me stesso, e questo editoriale ne è la riprova.
Voglio mettere il punto esclamativo a questo editoriale citando il ritornello di “L’era dell’acquario” dei Baustelle (se siete tra i miei venticinque lettori saprete la mia stima nei loro confronti), che avevano in passato profetizzato la Brexit e varie ed eventuali catastrofi. Non è colpa loro ovviamente, d’altronde essere lungimiranti e un passo avanti agli altri non è certamente un crimine di cui si può essere accusati.
“Torneremo a fare l'amore, vedrai A guardarci dritto negli occhi Ci si abitua a tutto, al dolore, alle stagioni Alla storia, al calendario
Non aver paura, non piangere mai Lascia consumare il presente Tutto sarà niente Il compiuto è già passato Nell'era dell'acquario”
PS: come avrete notato non ho nominato nello specifico la causa di tutto questo ambaradan, perché credo che se ne sia parlato fin troppo, oltre a non apprezzare particolarmente gli argomenti dove tutti sentono il diritto di mettere bocca. Mai stato un amante delle cose mainstream, in fondo. E sinceramente di virologi della domenica ce ne sono già troppi, quindi non mi pare proprio il caso di aggiungermi al coro (stonato). Quindi, cari amici di Extra! Music Magazine, restate sì a casa, ma lasciate che a farvi compagnia sia la cultura. Pensateci bene, potreste essere proprio voi a salvare la musica, basta semplicemente volerlo
Articolo del
13/03/2020 -
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