Qualche parolina a questo punto è necessario dirla, sulla campagna isterica nei confronti di Ryan Adams montata da una certa stampa che non vedeva l'ora di trovare "il R. Kelly indie" o "l'Harvey Weinstein della musica" nell'America impazzita di questi anni 10.
Nasce tutto - unicamente - da un articolo del The New York Times del 13 febbraio a firma Joe Coscarelli e Melena Ryzik, dove si parla di "molestie" e di "abusi" di Adams nei confronti "di numerose donne" (https://www.nytimes.com/…/a…/music/ryan-adams-women-sex.html). Poi leggendo l'articolo si scopre che le "numerose" donne sono 7. Anzi no, sono 5, perché 2 non esistono, o meglio sarebbero delle fonti "anonime" (e vabbe', sappiamo come sono scritte queste cose). Anzi in verità approfondendo non sono nemmeno 5. Sono 3, perché due sono rispettivamente la ex-moglie e la ex-fidanzata e, intervistate, in soldoni dicono solo che Adams è stato un pessimo compagno di vita, oppressivo, morboso, manipolatore eccetera. Nulla di più insomma, di quanto il 90 per cento delle ex mogli raccontano dei loro ex mariti. E veniamo alle 3. Il primo è il caso più spinoso - perché si tratta di un'aspirante musicista con cui Adams avrebbe corrisposto quando lei era minorenne (cosa che fa drizzare le orecchie ovviamente). Ma si tratta di SMS (ripeto: SMS) alcuni dei quali vengono citati dagli autori in modo del tutto selettivo. Pur con tutta la buona volontà degli autori, sembra fra l'altro evidente che Adams non sapesse della minore età della sua interlocutrice, e che questa l'avesse ingannato dicendogli più volte di essere maggiorenne. L'impressione nettissima è che sia una bufala montata ad arte (questa ragazza resta fra l'altro anonima benché sia oggi 20enne) che si risolverà in una bolla di sapone.
Dove sono però le "molestie"? Rimangono le due musiciste di cui Adams avrebbe "approfittato" ventilando la possibilità di aiutarle nella loro carriera. E qui è tutto da vedere perché siamo sul piano scivolosissimo dei rapporti personali, della (in caso) "violenza psicologica". Una, Phoebe Bridgers, dice e poi si contraddice. I due hanno avuto una breve relazione, ma anche dopo il break, la Bridgers andò in tour con lui e uscirono dei brani prodotti da lui. E non sta scritto da nessuna parte che un musicista si debba prendere cura di un'altra musicista per tutta la vita solo perché hanno avuto una relazione. La Bridgers si lamenta del comportamento oppressivo e ossessivo dI Adams, ma insomma: quello è il suo carattere, è un pazzo egomaniaco, se uno cerca una persona razionale forse è meglio che si prenda un impiegato del catasto. Non è dissimile, poi, la testimonianza di una cantautrice 35enne (quindi grandicella) su cui glisserei alla grande.
I due autori, poi, si inerpicano sugli specchi per dimostra la posizione di preminenza di Ryan Adams nel record business - che in effetti non ha: come tutti sanno è un artista di culto che vende pochissimo e i cui introiti derivano soprattutto dai concerti. Insomma: "non" è uno potente, "non" è Harvey Weinstein.
La cosa vomitevole è che a partire da questo articolo del NYT confezionato ad arte si è attivata una potentissima macchina del fango portata avanti da giornaliste (soprattutto) e giornalisti (del Guardian, del Rolling Stone, del New Yorker) che non aspettavano altro e che si sono accaniti su Adams con una ferocia inaudita (poi però andando a leggerli, questi articoli sono null'altro che un copia e incolla di quello del NYT).
Il risultato di questo polverone - per ora - è che il nuovo album di Ryan Adams BIG COLORS che doveva uscire ad aprile, è stato bloccato dalla casa discografica per "motivi di opportunità". E "a cui prodest" tutto questo? Per ora l'unica che ci ha guadagnato è una cantautrice in precedenza ignota ai più, tal Phoebe Bridgers, di cui inizia a girare il nome e a cui, in maniera alquanto sospetta, in questi giorni vengono dedicati articoli di questo tono: https://www.newstatesman.com/phoebe-bridgers-stranger-alps-… ., ovvero: "Se fino ad ora non conoscevate Phoebe Bridgers, datevi da fare per conoscerla", titola Anna Lazkievicz del New Statesman. Non so al vostro, ma al mio Paese 2 più 2 solitamente fa 4.
Articolo del
24/02/2019 -
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