Negli anni ‘60 ci godevamo Janis Joplin e Patty Smith, nei ‘70 Cindy Lauper e Chrissie Hynde (leader del gruppo rock inglese The Pretenders), negli ‘80 Annie Lennox degli Eurythmics e nei ‘90 l’indimenticabile Lynda Perry delle Four Non Blondes.
Erano donne, su questo non c’è alcun dubbio. Né alcun dubbio abbiamo sulle loro qualità canore. Certo, c’erano anche grandi gnocche come Blondie o Withney Houston, ma non lasciamoci distrarre dalle eccezioni. Quelle di cui parliamo (eccezioni comprese) sono artiste entrate a pieno titolo nella storia della musica internazionale per uno stile ed un talento innati, non certo per il loro bel faccino. Nel 1994 nasce, a Londra, il primo progetto commerciale, tutto al femminile, promosso dalla Virgin Records: le Spice Girls, cinque ragazze sbarazzine che si fanno strada a colpi di lineamenti perfetti, paillettes e lustrini. Canzoni orecchiabili, prodotti confezionati in serie per attrarre il pubblico globale.
Ma è nel 1999 che viene plasmato il primo prodotto commerciale di ragazzina sexy, un po’ angelica e un po’ provocante, che darà il via ad un filone di conigliette di playboy. Nel gennaio ‘99 esce il suo primo album, Baby One More Time. Il video della canzone mostra una collegiale che si dimena in danze frenetiche e vagamente sensuali. Di lì a poco la Spears abbandonerà i panni della bambina con i ciuccetti e darà libero sfogo ad una natura sessualmente aggressiva e provocatoria.
Seconda esponente di questo filone, sempre nel 1999, sarà Christina Aguilera. Anch’essa biondina in apparenza innocente, ma la sua innocenza durerà poco, considerato che soli tre anni più tardi uscirà il singolo Dirty, dove la Aguilera esprime la sua vera identità danzando e lottando nel fango con altre donne. Da lì in poi avremo una sequela di cantanti costruite secondo canoni ben precisi: bellissime, sexy, formose, possibilmente bionde e dai fisici statuari: Mariah Carey, Anastacia, Destiny’s Child, Rihanna, Jessica Simpson, persino Avril Lavigne che, dopo un debutto da maschiaccio punk con tanto di passione per lo skate, si è piegata a farsi bionda e indossare corpetti, tacchi alti e calze a rete. Ogni tanto, lo ammettiamo, esce un personaggio suggestivo, che non punta tanto sulla bellezza e le misure, ma sullo stile, su un essere provocatoria nel look, nell’abbigliamento, nei brani, nei videoclip.
Come la mitica Skin che ci ha subito affascinato con quel suo stile da donna cazzuta, capello rasato a pelle, lucidato a cera e abbigliamento più punk che mai. Un’imitazione rinnovata della mitica Grace Jones, più cattiva, più anarchica, più rock. Così come Madonna negli anni Ottanta non era certo bellissima ma puntava su una sensualità aggressiva e trasgressiva, oggi, nel mondo del pop, abbiamo Lady Gaga, che imita i seni a punta della sua antenata, seni che stavolta, addirittura, lanciano scintille. Abiti e acconciature tra lo scultoreo e il futuristico, a volte al limite del buongusto, per gli MTV Video Music Award, Lady Gaga si veste di bistecche. Il taglio sarà sicuramente pregiato, ma è un vero scacco agli animalisti.
Non siamo qui a fare questioni morali, ma il punto è che oggi la donna e la voce non hanno più alcun legame. Oggi una Miss Florida ha più probabilità di fare successo nel mondo della musica di una che il talento lo possiede veramente. Possiamo solo rimpiangere i nostri miti passati, ricordare com’era e mettere su gli Eurythmics. Infine goderci la nostra maglia dei Pretenders e bere un bicchiere di vino rosso per ammorbidire il tutto. Del resto i bei sogni sono fatti di questo. Chi sono io per dissentire?
Articolo del
04/11/2017 -
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