Leonard Cohen è stato uno dei più grandi interpreti del nostro tempo. Le sue canzoni hanno influenzato intere generazioni di cantautori: da De Andrè a Nick Cave, da Morrissey a Jeff Buckley. Dal vivo ci ha regalato emozioni indimenticabili, fino alla fine.
Poeta, romanziere, cantautore, Cohen ha fatto sua la tradizione degli chansonnier francesi (come Brel e Brassens) per fonderla con il folk americano. Nato a Montreal nel 1934, Cohen ha avuto una vita contrassegnata da una certa irrequietezza e da contraddizioni interiori: poeta in Europa nei primissimi anni sessanta, fervido professante dell’Ebraismo in qualsiasi posto si trovasse, eremo buddista in un monastero californiano, voyeur in quel di Cuba durante la revolucion ed, infine, tossico nei gironi di quel Chelsea Hotel che segnò molte pagine buie della storia del rock. Il parnassiano del Quebec pubblica il suo primo disco proprio quando il movimento rock raggiungeva il suo apice. Siamo nel 1968, il positivismo del flower power sta per lasciare il posto alla lotta ed all’impegno politico. Ed è uno dei più grandi debutti della storia del rock con autentiche perle quali Suzanne, So Long, Marianne e Sisters Of Mercy. Come i newyorkesi Velvet Underground, il giovane Cohen rifugge l’illusione lisergica dei campi di fragole di Haight Asbury né tantomeno è interessato a diventare un capo-popolo e denunciare che “i tempi stanno cambiando”. Punta dritto al cuore dell'individuo per divenire il cantore della malinconia, della solitudine, dell’emarginazione e degli amori perduti. Spesso è solo la chitarra ad accompagnare la profonda voce di Cohen, che non ha bisogno di sovrastrutture musicali per regalarci emozioni dal sapore di rugiada invernale. Pubblica dischi col contagocce, seguendo la sola logica dell'ispirazione. Dopo la malinconia del disco d’esordio ed il dolore di 'Songs For A Room' e 'Songs Of Love And Hate', il cantautore canadese esplora la sfera religiosa con l’album 'Various Positions' (1984) nel quale è inclusa Hallelujah, canzone senza tempo. Nel 1988 'I'm Your Man' raggiunge il primo posto delle classifiche di molti paesi europei proiettando l’ex asceta canadese nello stardom vellutato del rock’n’roll. 'The Future' (1992) raggiunge il grande pubblico ed è il brano guida del film 'Natural Born Killers' di Oliver Stone. Nonostante non sia più un ragazzino, continua a pubblicare ottimi dischi con una certa continuità. 'Ten New Songs' (2001), 'Dear Heather' (2004), 'Book Of Longing' (2007), 'Songs From The Road' (2010), 'Old Ideas' e 'Popular Problems' (2014) segnano l’ennesimo ritorno. 'You Want It Darker', uscito pochi mesi fa, è la sua 'Blackstar' e ci dice, semplicemente, "au revoir".
Arrivederci tra i solchi dei tuoi dischi, “menestrello dalla voce di rasoio”.
“E seppellirò la mia anima in un album, con le fotografie e il muschio. E mi arrenderò alla piena della tua bellezza, consegnandoti il mio violino da quattro soldi e la mia croce”
(Leonard Cohen, Take This Waltz)
Articolo del
11/11/2016 -
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