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                                                                            Lirico, quasi nel vero senso della parola, con questa voce che cerca melodie lunghe e parole importanti. Un suono di luce e di polvere mi verrebbe da dire, con un fare antico e aristocratico che quasi richiama un Morandini o dei Baustelle alla ribalta. Un altrove dove le incisioni sono crepuscolari e distorte, dove la malinconia non è una condanna ma una forma di (ri)conoscenza… registrato ai Loops Studio e pubblicato dalla label abruzzese di Francesco Strino -  I dischi del Minollo - se volete questo par esser un concept album, una prova per i Sidèreo che sin dalle visioni di questo titolo “I capricci di Mnemosine” muovono l’indagine sul filo della mitologia e sulle riflessioni circa la memoria e il ricordo, l’uso che ne facciamo e il quanto e il come la vita moderna li condiziona e ne viene condizionata. Non la memoria sterile dei fatti, ma quella emozionale, incerta, che ci attraversa e restituisce una versione diversa di noi. Mnemosine non è una divinità da celebrare, ma una forza capricciosa da assecondare: la madre del ricordo che, per sua natura, non conserva ma trasforma.Il rock dalle sfacciate attitudini alternative, densi riverberi visto la scrittura larghissima, con venature shoegaze e un’intimità che rimanda agli anni ’90 dei più leggeri Marlene ma senza nostalgia manierata. Sono affascinanti i mondi sospesi che arrivano dalle viscosità distorte di “Repetita Iuvant”. In generale, non si appoggiano su melodie e soluzioni facili da deglutire, si pensi alla progressione di “I nostri buoni propositi”… ma poi la successiva “Tra ricordi e sirene” che vediamo anche dentro un video ufficiale in rete (di modi digitali e intelligenze nuove, chissà perché una scelta simile in un disco che è ancorato dentro ben altre generazioni e costumi) sembra ribaltare le attese regalandoci motivi facili e gustosi all’orecchio sin dal primo ascolto. Gli ostinati di chitarra de “Un lavoro ben fatto” denotano bellissime sensazioni post-rock che si confrontano sempre con questa voce aristocratica, quasi celtica per certi versi… se non fosse che nelle coralità si aggrinza un poco richiamandomi alla mente le adolescenze passando a consumare Foo Fighters e Nickelback. C’è una malinconia febbrile, quasi spirituale, che attraversa tutto il disco. Non c’è ricerca di perfezione, ma piuttosto un abbandono, una resa, unica forma d’arte per me. L’ascolto diviene dunque un atto di immersione lenta, difficile per le abitudini moderne…
 Non capisco “Formiche”, non capisco questo bisogno di rompere lo scenario favolistico con uno spoken word che sempre traballa quando non si hanno voci importanti dietro… voce che in questo caso sento anche messa ad un volume che spezza le abitudini di questo ascolto, fuori da un mix che lascia il suono fluttuare dentro un tempo lontano, futuro, distopico ovviamente… come trovo troppo lunga la coda strumentale che nell’ultimo brano “Resoconto” chiude tutto l’ascolto: troppo poco dinamica e troppo seduta per una lunghezza così importante.
 Forse non ancora del tutto maturo ma sicuramente coraggioso, denso di richiami, allegorie, letterature… i Sidèreo ci regalano una prova che penso stuzzichi bene il palato fine degli amanti di un certo rock (anche progressivo, perché no), di quello che punta il dito al mondo degli dei prima ancora che alla razionalità delle soluzioni radiofoniche. Staremo a vedere…
                                                                            
                                                                Articolo del 
                                                                31/10/2025 - 
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