Un punk estremamente diretto, caricato a pallettoni, veloce, gridato, ma anche molto piacevole quello che ci propongono i The Used su “Heartwork”, un album che arriva tre anni dopo “The Canyon”, un disco uscito nel 2017. Il gruppo di Bert McCracken ci offre sedici brani ricchi di sorprese , di cambiamenti di stile e anche di riferimenti letterari, a cominciare da quel “Paradise Lost, A Poem By John Milton” che apre l’album.
Molto bella, esplosiva e graffiante anche la successiva “Blow Me” , altro potenziale singolo. Si prosegue alla grande con “Big Wanna Be” e “Bloody Nose”, brani che segnano il passaggio dal punk all’alternative rock, ma sempre senza nessun risparmio di energia. Composizioni come “Wow, I Hate This Song” , “My Cocoon “ , Cathedral Bell” e “Clean Cut Heals “ sono invece più cariche di atmosfera: su questi brani l’afflato rock iniziale si mescola con il synth-pop, senza però mai calare di qualità.
Su “Gravity’s Rainbow” emergono altri nuovi ingredienti, quali l’elettronica, ma ritorna la potenza d’impatto delle prime canzoni. Molto originale “Heartwork”, una sorta di “spoken word”, infarcito di suoni diversi, mentre la successiva "The Lighthouse" si rivela una splendida ballata pop.
Il disco torna forme espressive più aggressive, decisamente “punk oriented”, verso la fine , quando ascoltiamo brani come "The Lottery" e "Darkness Bleeds, FOTF". L’ultimo brano dell’album si intitola "To Feel Something" e contiene tutti gli ingredienti musicali che si sono avvicendati sul disco: è una “slow ballad” di impianto pop, ma è costellata da “loop” elettronici e conosce un crescendo punk inaspettato e fulminante, con un trionfo delle chitarre elettriche.
Questo “Heartwork” non è un album facile da commentare: tante, forse troppe , le mescolanze di stili musicali diversi fra loro. Ma è un disco di sicuro fascino, da ascoltare più volte , fino a trovare la chiave giusta per accedere a quel mondo visionario che ha ispirato McCracken al momento della stesura delle canzoni.
Articolo del
04/06/2020 -
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