Giovedì 25 settembre, il Monk di Roma ha ospitato la seconda delle due date previste nella capitale annunciate da Il Teatro degli Orrori. La prima era andata sold out in poche settimane, segno di un’attesa concitata da parte del pubblico romano.
Ad aprire il concerto è stato il progetto Le Cose Importanti, un trio rock di Latina. Il loro debutto “Veleno” può vantare della produzione di Giulio Favero, bassista del Teatro degli Orrori. Poco dopo le 22 è finalmente iniziato il live: il frontman Pierpaolo Capovilla è salito sul palcoscenico poco dopo i suoi compagni: Gionata Mirai (chitarra), (basso) e Francesco Valente (batteria).
La reunion de Il Teatro degli Orrori è stata una delle notizie sorprendenti di questo 2025, quasi improvvisa, ma profondamente coerente con lo spirito della band: viscerale, politico, urgente. Sullo sfondo del clima sociale e politico del nostro paese, il loro ritorno sembrava un atto necessario. Tutto era iniziato con un post ad inizio anno del cantautore Pierpaolo Capovilla pubblicato sui social, in cui annunciava il tour Mai Dire Mai con queste parole: “Continuiamo così, facciamoci del male… ma DAL VIVO!!!”
Una frase che suonava come una provocazione, ma anche come una dichiarazione d’amore e al tempo stesso un atto di resistenza. Dopo il triste scioglimento nel 2020, seguito da un lungo periodo di silenzio dopo la pubblicazione dell’ultimo album omonimo nel 2015, pochi credevano davvero in un ritorno. Quando poi la notizia venne confermata il cantante veneto aveva ribadito: “Il Teatro degli Orrori è sempre stato una band militante. E oggi, più che mai, c’è bisogno di militanza culturale.” Ogni data è stata un bagno di folla, con scalette che hanno ripercorso tutta la loro discografia, da Dell’Impero Delle Tenebre a Il Mondo Nuovo. La data di giovedì del Monk ha confermato ogni aspettativa: due ore piene di musica, sudore e parole taglienti, in un rito collettivo che ha toccato alcuni dei loro masterpièce. Tra i brani eseguiti spuntano: “Vita Mia”, “Dio Mio”, “E lei venne!”, “Disinteressati e indifferenti”, “Due”, “È colpa mia”, “Direzioni diverse”, “La canzone di Tom, Majakovskij”, “Io cerco te”, “Non vedo l’ora”, “A Sangue Freddo”, “Mai dire mai” e “Lezione di musica”.
Un piccolo problema tecnico ha segnato il brano “Direzioni diverse”, ma la band si è ripresa subito, chiudendo il concerto con un bis potente e coinvolgente. Dal 2005 Il Teatro degli Orrori continua a rappresentare una delle voci più radicali e poetiche della musica italiana. Non solo una band, ma un progetto culturale che ha saputo coniugare noise rock, poesia civile e impegno politico. La loro discografia è un viaggio nella coscienza collettiva, una denuncia feroce e lirica delle contraddizioni del nostro tempo. Quando Capovilla stava per eseguire il pezzo “È colpa mia”, estratto dall’album A Sangue Freddo del 2009, ha aggiunto: “Questo brano è così attuale… e invece è stato scritto tanti, tanti anni fa”. Il Teatro degli Orrori c’è ancora, è lì, sul palco, a suo agio: autentici, consapevoli e coesi. Sono sereni lì sopra, applaudono il pubblico davanti a loro ringraziandolo quando fa silenzio mentre ascolta le lunghe digressioni di Capovilla a sfondo politico. Il concerto può diventare anche spazio di riflessione sull’attualità sociale, culturale e politica. “Free free Palestine” grida ad un certo punto il pubblico attimi intensi come quando Pierpaolo esce e va a prendere la kefiah e la lega attorno all’asta del microfono oppure quando recita, a fine serata, un articolo pubblicato sull’Avvenire lo scorso luglio dal cardinale di Napoli Domenico Battaglia intitolato “Invocazione. Basta guerra: se non per Dio, fatelo per ciò che d'umano resta”. Quando la musica, le parole e il messaggio sono veri, il pubblico lo riconosce e aspetta solo di cantare poi tutti uniti insieme
Articolo del
02/10/2025 -
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