Green Day italiani? Direi che è proprio l’ultima domanda da porsi parlando di loro. Saranno per sempre legati alle luci di XFactor? Certo, è parte del loro bagaglio di esperienze, ma, senza ombra di dubbio, è giusto e doveroso sottolineare che, The Bastard Sons Of Dioniso, hanno lasciato da parte, più di seicento concerti fa, queste inutili etichette. La domanda giusta da porsi è semplicemente questa: chi sono oggi, sette dischi dopo, Jacopo, Michele e Federico?
Avete letto bene, oggi vi parlo del settimo figlio dei The Bastard Sons Of Dioniso, il sorprendete Cambogia. La sapete una cosa? Non mi aspettavo assolutamente di trovarmi, sparate nelle orecchie, nove canzoni che, riascoltandole più volte, abbiano la capacità di regalarmi spunti di riflessione sempre nuovi. Chi si aspettava di sentire spruzzate di “Mr. Big”? Sicuramente non io, almeno, non da loro. Basta, procediamo con ordine, meglio evitare voli pindarici decisamente inutili, anche perché, la mia mente, per pochi secondi, ha percepito anche un intermezzo alla Umberto Tozzi, ma, forse, non vi dirò mai in quale canzone.
Mi piacerebbe avere un riscontro da voi lettori, ma, in Cambogia, la prima canzone, che regala anche il titolo all’album, mi ritrovo subito spiazzato dal sound, un luogo a metà strada tra il Bryan Adams di “Run To You” e i Beatles del maestoso “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” datato 1967. Essere sempre se stessi, fino alla fine, per combattere la vostra di battaglia è fondamentale, nonostante il credo della società di oggi sembra essere diverso. Loro saranno sempre “bastardi”, voi?
Proseguiamo spediti alla scoperta di “Cambogia” e ci ritroviamo, tra le serrate ritmiche di Sei Solo Tu, apparentemente, ad inciampare nelle contraddizioni che solo l’amore può creare, ma, ascoltando attentamente, non sono poi così sicuro che questo presunto “amore” sia riferito al sentimento, ma, bensì, a qualcuno che ha gravitato nella vita del gruppo, mistero… Non Farsi Domande, terzo brano dell’album e singolo d’anticipo uscito prima dell’estate, mi riporta indietro nel tempo, con un sound al confine tra un indie-rock di scuola britannica e un post grunge spruzzato di Hole. “C’è chi non si volta mai, coi pugni chiusi nelle tasche, stringe la sua verità, il resto va nel tritacarte, quel perché da raggiungere, che non mi fa smettere..”. Impossibile non farsi domande, grazie al cielo.
“Cose che sei che non sai, cose che hai che non vuoi, e il cielo che è brado non lo vedi è sempre là, costa la mia libertà, vale la tua libertà” termina con questa strofa “Coast To Coast” e riassume perfettamente il messaggio che vuole lasciarci questa ballata in cui puoi sentire odore di benzina, vedere lo spettacolo del cielo quando meno te lo aspetti e vivere notti insonni al volante, sinonimo di una vita passata on the road. Piccola gemma in cui si intrecciano perfettamente le voci dei ragazzi.
“Lasciamo Stare I Convenevoli”, quinta perla dell’album, è davvero un bel calcio nel lato b, sia come sound, chiamatelo se volete pop punk, per me semplicemente rock and roll ben fatto, che come liriche. Traspare ancora una volta l’attitudine dei The Bastard Sons Of Dioniso, verso la vita e nei confronti del gruppo. Che dite, cosa succederà, tra le prime file sotto al palco, quando partirà questa canzone?
Venti Tornanti, per chi scrive, è una sorpresa. Questo è il pezzo acustico che davvero non mi aspettavo, quanto è bello stupirsi. Poco sopra accennavo ai Mr Big proprio riferendomi a questa canzone, sonorità che si avvicinano alla dolcezza di brani che hanno fatto storia e, a mio modestissimo parere, Venti Tornanti, meriterebbe di fare lo stesso percorso.
Dopo la passione e la vena romantica di “Venti Tornanti”, torniamo ad alzare il volume e ci imbattiamo nella settima traccia, Il Falegname, dove si fanno sentire rimandi ai primi Muse variegati di Negramaro. L’ennesima prova della potenza esplosiva del trio che, anche se mancano ancora due canzoni, posso già tranquillamente dirlo, non hanno mai mostrato segni di cedimento. La Seconda Neve, l’ottavo brano dell’album, racchiude un significato personale che non può essere uguale per tutti, ognuno di voi dovrà trovare il proprio, io non sono nessuno per trovarne uno giusto per tutti. Chissà, potrebbe essere proprio questa la canzone che mi ha fatto venire in mente l’allucinante accostamento con Umberto Tozzi. Non avrei mai pensato di dirlo, forse è più corretto dire scriverlo, Tozzi e sonorità Post Grunge, ok, andiamo avanti.
”Benvenuti nel, modo che vorrei, non si resta soli all'angolo, benvenuti nel, modo che vorrei, nelle mani hai quello che sei, benvenuti nel, modo che vorrei, ci si mette tempo a vivere”. “Benvenuti Nel Mio Modo” chiude nel migliore dei modi Cambogia, dando la pennellata finale al quadro, rispondendo perfettamente alla domanda su chi siano The Bastards Sons Of Dioniso nel 2017. Un grande gruppo ispirato e pronto a far sue tutte le occasioni che sapranno crearsi in futuro. Noi, senza ombra di dubbio, li terremo d’occhio
Articolo del
13/12/2017 -
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