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Kuhn Fu
Kuhnspiracy
2017
Unit Records
di
Valerio Di Marco
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La pomposità con cui si apre Taubenfeld, opening-track del secondo album degli olandesi Kuhn Fu, farebbe pensare a qualcosa di pesante, opprimente, difficile da mandar giù, se non fosse che prima che iniziate a maledirvi per la scelta fatta, un sax malandrino s'infila improvvisamente in mezzo agli altri strumenti e prende a rincorrere la batteria in un fluttuare d'intarsi che culmina al quinto minuto e 33'' senza che abbiate avuto il tempo di capire cosa sia appena successo.
Il progetto ruota intorno al chitarrista e compositore Christian Achim Kuhn, ma non è una one-man band, anche perchè le qualità tecniche dei sodali Ziv Taubenfeld (cui è intitolata la succitata traccia d'apertura), Esat Ekincioglu e Lav Kovac reclamano, giustamente, ben più che un ruolo da comprimari.
Ed è tutto così, Kuhnspiracy. Un maquillage strumentale fatto di jazz/rock sperimentale e heavy da far impallidire addirittura gli Swans, senza per questo apparire luridi e incazzati come la band di Michael Gira.
Ti chiedi se prenderli sul serio o se sono loro che stanno prendendo te. Per il culo. In effetti il dubbio sorge se si presta un orecchio a brani come Barry Lyndon, Deus Ex Machina e Mono Industrial Post Depression. Dall'alto della loro bravura, tutto può essere.
Ma l'afflato ridanciano è bilanciato da una cura manichea per ogni dettaglio, tra cambi di ritmo e repentini mutamenti di scenari che un momento prima si configurano come esplosioni metalliche e un attimo dopo come striscianti e sornione divagazioni noir/swing. Promossi a pieni voti
Articolo del
06/11/2017 -
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