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Radiohead
In Rainbows
2007
www.Radiohead.com
di Andrea Belcastro
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La rivoluzione inizia qui. A sorpresa, come solo loro sono capaci di fare e capiremo perché, i Radiohead si presentano con il nuovo album bello e pronto. Ma niente negozi signori. Nell’epoca dell’indie-rock e delle mille band che sfoggiano questa etichetta bella in vista senza probabilmente neanche averne in requisiti sia tecnici che morali, i 5 di Oxford accolgono in pieno la filosofia indi(e)pendente pubblicando solo per download (con prezzo deciso dall’acquirente) o comunque attraverso il loro sito un album completamente autoprodotto e senza avere alcun obbligo da rispettare con le perfide etichette discografiche.
"In Rainbows" è bello. Si inizia con “15 Step” che ha il compito di tenere il filo con i precedenti lavori, sia perché la chitarra dopo il breve intro sembra presa da "Hail To The Thief" sia perché la seconda parte elettronica è decisamente sulla scia di "Kid A" / "Amnesiac". Ma da “Bodysnatcher” in poi le coordinate si fanno più precise. I Radiohead lasciano quasi da parte l’elettronica ed imbracciano di nuovo le chitarre e lo fanno senza ritornare alle sonorità di "The Bends" o "Ok Computer", il che ha dei contorni quasi miracolosi per quanto questo album riesca a convincere e risultare quasi nuovo (con una bella strizzata d’occhio al rock passato ma sempre presente) tra i suoi arrangiamenti maturi, ragionati, variegati e pieni di orchestrazioni dalle atmosfere quasi progressive (da ascoltare a tal proposito “Reckoner” e “House Of Cards” e le chitarre liquide che le permeano). Ed è quindi un ennesimo passo, forse non coraggioso come la svolta elettronica del 2000, che Thom Yorke e Jonny Greenwood compiono nella loro infaticabile ricerca sonora ed artistica.
La maggior parte dei brani sono stati già tastati, provati e riarrangiati continuamente negli ultimi tour compreso l’ultimo del 2006 e addirittura una delle canzoni di punta “Nude” ha subito una gestazione di quasi dieci anni., fino ad arrivare alla perfetta ed epica incarnazione di "In Rainbows". Seguita da “Weird Fishes/Arpeggi”, mini-suite complessa e sontuosa; la cupa e disperata, che rende decisamente ironico il significato del titolo dell’album, “All I Need” con un Yorke dantesco alla ricerca della luce delle stelle (‘sono solo un insetto che cerca di superare la notte’) e un finale gridato nell’incertezza (‘va tutto male, va tutto bene, va tutto male'). Due pezzi di altissimo livello. “Faust Arp” è poi un evidente omaggio alla “Dear Prudence” beatlesiana con il suo finger-picking di gran classe e gli archi orchestrati sapientemente da Nigel Godrich (per fortuna riconfermato in sala di regia dopo un iniziale allontanamento). Bella e probabilmente anche l’unico pezzo un po’ debole della raccolta. Il che è tutto dire. L’album si chiude con quella che a livello di songwriting (per melodia ed accordi) è probabilmente la canzone più bella, sontuosa e drammatica cioè “Videotape” (anche questa già nota ai fan più attenti) che soffre però nel finale di un arrangiamento contraddittorio e quasi inspiegabile fatto di dissonanti loop di batteria elettronica intrecciati sopra il tappeto sonoro pianistico.
A prima vista forse manca una hit single, quella che a rivedere la discografia c’è sempre stata (“Creep” da "Pablo Honey", “High & Dry” da "The Bends", “Karma Police” da "Ok Computer", “Idioteque” da "Kid A", “Knives Out” da "Amnesiac" e “There There” da "Hail To The Thief") ma la qualità complessiva è così buona e di tale compattezza che sinceramente non se ne sente la mancanza. Dopo quattro anni i Radiohead sono più vivi che mai e con l’idea di distribuzione che hanno escogitato probabilmente hanno dato vita ad una nuova era. Un’altra rivoluzione.
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12/10/2007 -
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