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Ogni tanto, la coppia di autori di canzoni Bob Mould / Grant Hart è stata paragonata, con azzardo, a quella Lennon / McCartney.
Che reggesse o meno, il parallelo era motivato dalla vena compositiva particolarmente felice dimostrata dal chitarrista e dal batterista degli Hüsker Dü in un periodo di tempo non troppo lungo ‒ il primo singolo risale al 1981, l’ultimo album inciso dal trio al 1987 ‒ ma sufficiente a rendere la band una leggenda dell’underground statunitense.
Se si pensa al repertorio del complesso può capitare che vengano in mente perle grezze e melodiche quali “It’s Not Funny Anymore”, “I Apologize”, “Makes No Sense At All” o “Celebrated Summer”. Ci si può, insomma, dimenticare che Mould e Hart, col contributo determinante del bassista Greg Norton, soprattutto dal vivo suonavano con uno slancio e una forza travolgenti, lanciando un vigoroso assalto sonoro ai timpani degli ascoltatori. Randellate fulminee a base di note che colpivano ed entusiasmavano simultaneamente.
“1985: The Miracle Year”, seconda uscita della Numero Group dedicata al complesso di Minneapolis dopo il box “Savage Young Dü” (recensito in queste pagine nel 2017), ci ricorda tale caratteristica distintiva degli Hüsker Dü attraverso una quarantina di brani registrati in tournée durante il 1985 tra Stati Uniti, Germania e Svizzera.
Un’occasione formidabile per gustare l’esecuzione in versione “live” di un numero considerevole di pezzi tratti dalla discografia del gruppo.
Più che i cavalli di battaglia, ci sembra opportuno citare alcune canzoni restate un po’ nell’ombra; quelle di cui di solito non si parla, che qui risplendono di luce intensa. Sotto la scorza rumorosa, spicca quindi il brio pop anni Sessanta di “Books About UFOs”, “Hate Paper Doll”, “Green Eyes”, “Keep Hanging On” e “Flexible Flyer”.
Si distinguono per forza d’urto “New Day Rising” (con urla indemoniate e la batteria che scalpita quasi volesse oltrepassare il già frenetico ritmo della canzone), “Folklore”, “Broken Home, Broken Heart”, le riletture incisive di “Helter Skelter”, “Ticket To Ride” e “Sunshine Superman” e la foga di “Powerline” (impetuosa e ipnotica), “In A Free Land”, “Somewhere” e “Chartered Trips”.
Lo strumentale “The Wit And The Wisdom” apre una finestra sul lato più sperimentale e dissonante del trio; la cupezza di “Out On A Limb” (la chitarra, uno sciame di vespe minacciosamente ronzanti) richiama alla memoria i primi Hüsker Dü a cavallo tra furia hardcore punk e le armonie orecchiabili che sarebbero state catturate su nastro nei dischi successivi.
Non tutto brilla. Anche la penna dei venerati Bob Mould e Grant Hart ‒ ogni tanto va ricordato, e sarebbe strano il contrario ‒ ha prodotto pezzi modesti; lo testimoniano episodi come “Eiffel Tower High”, “All Work And No Play” (insulsa lungaggine appesantita dai cori del pubblico) e “Misty Modern Days” (inedito, scarto dalle session di “Candy Apple Grey”). Si potrebbe aggiungere che le interpretazioni di “Hardly Getting Over It” e “Celebrated Summer” non raggiungono l’intensità sofferta e irresistibile di quelle immortalate nel disco “The Living End”.
Pecche lievi, che non diminuiscono l’importanza e il fascino di “1985: The Miracle Year”: doppio CD o quadruplo LP imprescindibili per gli estimatori della band
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