Quando si preme play per far girare Alrededores de la Ausencia, il nuovo lavoro del sassofonista argentino Javier Girotto, si percepisce il profumo aspro della terra, lontana, dura, madre. Non si esita un istante, quando il sassofono si adagia sulle increspature ritmiche di Augustino - il brano di apertura -, nel riconoscere una Argentina autentica. C’è Cordoba in ogni secondo dei dodici brani registrati interamente in terra natia, c’è Cordoba nelle parole, nelle sonorità, nei luoghi raccontati, nei ritmi e nel sangue dei musicisti che hanno preso parte ai lavori, tutti squisitamente argentini.
L’intero progetto, pensato insieme al pianista Mingui Ingaramo, infatti, è rendere omaggio alla terra d’origine e alla sua storia, alle persone che furono e che ora sono ‘ausencia’, ai 30000 desaparecidos e a tutto quello che ruota intorno al tema del non (più) esserci, del vuoto. Girotto, abile tessitore, vi ricama attorno un intreccio di suoni pacati, equilibrati, a volte ruvidi, adeguandosi meravigliosamente ai risvolti che un disco tanto complesso presenta. Reminiscenze di tango e malango si lasciano percepire qua e là, Milonga Quarentosa dà lustro alle capacità espressive della chitarra di Horacio Burgos. Sorprende poi la voce morbida di Diego Clark, che a volte si adagia sulla linea melodica del sassofono, come nel brano che da il nome al disco, altre volte a masticare le parole di Criollita Santagueña di Andrés Chazarreta o della meravigliosa Pequeña di Osmar Moderna e Homero Expósito. Natalio Mangalavite, già compagno d’avventura di Girotto in dischi come Futbol e L’amico di Cordoba, dona invece voce e piano a una intensissima Fuimos.
Alrededores de la Ausencia colpisce per poetica, armonia e per la capacità straordinaria di saper spiegare la terra che si porta dentro anche a chi l’Argentina l’ha solo lontanamente sognata.
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