Bobo Rondelli è sempre stato un talento dalle mille sfaccettature, capace di tenere il palco da gran mattatore tra gag, imitazioni, frammenti di canzoni improvvisate o quasi, citazioni di film e personaggi dello spettacolo, così come di vestire i panni del crooner, quelli del virtuoso vocalist, o dello scalcagnato ‘posteggiatore”, che può intonare vecchie struggenti romanze o intime ballate da strada e locali fumosi.
Il suo è sempre stato un talento difficile da arginare e contenere, anche perché tra le qualità di Bobo c’è sempre stata quella di non prendersi mai troppo sul serio, figlia anche del suo essere livornese per nascita e formazione. Pregio e difetto, insomma, di un uomo di musica e spettacolo che non vuole farsi chiamare artista e che ha fatto del suo vedere la vita sempre con ironia dissacrante (prima di tutto, appunto, rivolta verso se stesso) la sua cifra stilistica, non disdegnando di fare della propria quotidianità un pretesto per essere sempre in scena o portare sul palco il suo vissuto con sincerità a tratti disarmante. Qualcuno potrebbe dire che se Bobo Rondelli avesse saputo gestire con più oculatezza la sua creatività e il suo innato talento, viste le indubbie qualità artistiche di interprete e autore, sarebbe diventato un fuoriclasse della canzone italiana. Ma in buona sostanza sbaglierebbe, perché se così avesse fatto probabilmente non sarebbe il Bobo Rondelli che noi conosciamo. E poi perché un fuoriclasse lo è comunque.
Cuore Libero è il nuovo disco di Bobo in uscita il prossimo 11 giugno, prodotto da Davide Fatemi (come i due precedenti) e realizzato praticamente in casa negli ultimi mesi, tra ultimi rigurgiti di lockdown e l’ispirazione che aveva prodotto la sua autobiografia (“Cos’hai da guardare”, uscita nel 2019). Di quest’ultima riprende lo sguardo verso il passato, l’infanzia e l’adolescenza a Livorno, un suo mondo perduto ma mai dimenticato, mentre musicalmente “Cuore Libero” è debitore del percorso che ha portato Rondelli a omaggiare il maestro livornese per eccellenza, Piero Ciampi, di cui, con un tour e un disco (Bobo Rondelli canta Piero Ciampi) Bobo ha proposto un sentito ed emozionante omaggio tra il 2016 e il 2017, e la cui anima ne ha da sempre permeato a ben vedere il lavoro in studio e dal vivo.
La scrittura intima ma appassionata, quasi per bozzetti, per quadri di vivida quotidianità, che caratterizzava il lato più malinconico di Ciampi, emerge nel disegno complessivo di Cuore Libero, dove prevalgono le tinte tenui, quasi pastello, che già erano dominanti in “Anime Storte”, l’ultimo disco di Bobo pubblicato nel 2017. E’ anche un disco figlio di mesi di distanziamento sociale forzato, che Rondelli ha affrontato condividendo sensazioni, considerazioni estemporanee sulla vita sui figli, sugli anni che passano, ma anche tutorial per chitarra delle sue canzoni, interpretazioni di vecchi classici, il solito campionario di divertentissime imitazioni, e anche una sorta di ‘web serie’ sgangheratissima in cui interpretava tutti i personaggi. Il tutto dalla finestra (ma più precisamente spesso dalla terrazza di casa sua a Livorno) dei suoi account social. Un Bobo spesso malinconico, che confessava la sua solitudine, la consapevolezza del tempo che passa e un pizzico di insofferenza ma sempre condite dalla sua inconfondibile ironia, tra qualche rimorso e inevitabili rimpianti. Cuore Libero si muove su questi solchi, al ritmo prevalente di ‘ballate’, sorrette da poche ma decise pennellate di pianoforte e chitarre acustiche, e una spruzzatina di armonica a bocca, organo, spazzole e archi in pochi episodi ( il produttore Fatemi anche alla batteria, Jole Canelli corista, Leonardo Marcucci alla chitarra, oltre agli ‘storici’ Steve Lunardi, Valerio Fantozzi e Simone Padovani). Il cantato è quasi sempre morbido a tratteggiare i contorni dell’amore come rifugio e abbraccio che può cambiare la prospettiva della realtà (“Il punto immenso”), il ricordo tenerissimo del padre in “Babbo Apache”, personaggi femminili sensuali ma mai idealizzati, visti con occhi che devono fare i conti col tempo che è andati e con un ‘Ti voglio bene’ che non riaccende la fiamma dei giorni perduti ( “La Bidonata”), o che arrivano dai ricordi di infanzia come “Sabrina”, una sorta di ‘primo amore’ di cui Bobo aveva già parlato nel suo libro.
Non ci sono canzoni memorabili anche se alcuni frammenti come appunto l’amarcord orecchiabile di Sabrina, “Il più bel Teatro” dal forte sapore ciampiano, la stessa “Cuore Libero”, una sorta di manifesto di leggero disincanto non più prigioniero di desideri materiali o sensuali, o la disillusa “A senso inutile”, sono piccoli capolavori di confidenziale ispirazione, cantati con magistrale e controllata intensità. La voce trova fiato e volume solo per salutare un amore finito male con ironico sarcasmo (‘grazie che mi hai fatto male/ grazie m’hai spaccato il cuore… e spero che anche tu stia male/magari non come me’, “Grazie del male”), o con amara consapevolezza (la conclusiva “Se vuoi andare”). Piccoli frammenti in puro stile Bobo Rondelli.
Forse non troveremo in “Cuore Libero” il Bobo più guascone e dissacrante, quello che quasi naturalmente anche adesso a 58 anni, si prende la scena in concerto, ma troviamo un Rondelli lucidamente emozionato e teneramente ispirato, bravo a dosare suoni e umori, in vena di ricordi e disincanto ma mai nostalgico o perduto nel ricordo dei tempi andati. Tiene sempre la testa alta al tempo che è adesso, Bobo Rondelli, tra la voglia insopprimibile di sentirsi vivo anche a costo di spezzarsi ancora il cuore, e un pizzico di amara malinconica dolcezza, in questi tempi così malandati
Articolo del
06/06/2021 -
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