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PJ Harvey
Dry – Demos
2020
UMC/Island
di
Andrea Salacone
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Neache uno straccio di liner notes.
Offrire ai paganti la ristampa di un disco, benché uscito nel 1992 in tiratura limitata di 5000 copie come Lp extra (“Demonstration”) “allegato” all’album d’esordio di PJ Harvey, in una versione così striminzita è poco meno di un’offesa.
I non feticisti del vinile se lo ascoltino su qualche piattaforma (“Dry – Demos” è disponibile anche in Cd, in una specie di confezione digipack che appare ancora più avvilente).
Espresse le critiche, quantomai necessarie di fronte a un’operazione del genere, veniamo ai pregi del disco.
Riascoltati a distanza di quasi trent’anni, e in questa veste più spoglia che non conoscevamo, i pezzi sono quasi tutti sorprendenti. L’impatto è ovviamente meno poderoso di quello generato dall’apporto di una sezione ritmica, anche se talvolta gli arrangiamenti finiti su “Dry” risulteranno, strano a dirsi, più impetuosi ma un po’ rallentati rispetto al modo in cui la Harvey esegue le sue canzoni e ne registra i demo.
Dal punto di vista compositivo, le caratteristiche principali che si mettono a fuoco sono la sicurezza e la disinvoltura con cui l’artista scrive brani costituiti da pochissimi accordi e variazioni, ma che non vengono mai a noia; li arricchisce un’interpretazione vocale che al momento di incidere l’album acquisterà più enfasi nella resa finale di alcune tracce.
A “Dry” sarebbero seguiti l’eccellente “Rid of Me” (1993), e altre opere pregevolissime, musicalmente sempre più compiute ma anche meno febbrili e deraglianti.
Questa raccolta di demo ci permette di tornare a quella fase della sua carriera in cui, benché alle prime armi, la Harvey riusciva già a sbalordire con microstorie di desiderio, sessualità, rifiuto di sottomissione e passione tormentata che prendevano corpo in melodie incalzanti.
Oh My Lover, O Stella, Dress, Victory, Happy And Bleeding, Sheela-Na-Gig, Plants And Rags e Water sono brillanti anche se suonate esclusivamente con la chitarra acustica e l’elettrica che si intrecciano, e rafforzano la convinzione, poi maturata col tempo, che ci si trovava davanti a una musicista per certi versi ineguagliabile.
La UMC ha dato il via a una serie di allettanti ristampe del catalogo di PJ Harvey. C’è da sperare ardentemente che siano caratterizzate da meno sciatteria di quella dimostrata con questa prima uscita.
Articolo del
05/10/2020 -
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//www.youtube.com/embed/0iohH75zxjc
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