C’è voluto del tempo ma alla fine il disco è stato pubblicato: l’album si intitola “Countless Branches” ed è il suo terzo disco a partire dal 2012, da quando Bill Fay è tornato a farsi sentire. Adesso il pianista ed interprete londinese inglese ha 76 anni, ha messo da parte i fallimenti e le incomprensioni dei primi anni Settanta, quando nessuno fu in grado di dare credito ai suoi primi due album, e si avvia più sereno, maturo e consapevole lungo il percorso della vita.
Il successo di Life Is People e di Who is The Sender gli ha dato quella tranquillità necessaria per misurarsi meglio con la sua musica e lui - invece di aggiungere sonorità e arrangiamenti diversi alle sue composizioni - ha preferito togliere, ha voluto sottrarre fino a pubblicare un album per piano e voce, semplice e delicato, ispirato e notturno, impreziosito soltanto dall’incedere caldo e tremolante della sua voce.
Artisti molto noti come Wilco, Marc Almond e Nick Cave hanno salutato il suo ritorno sulle scene come un evento davvero importante e lui Bill Fay si è preso tutto il tempo necessario e ha ripreso a comporre canzoni essenziali, ma incredibilmente toccanti. E’ questo il suo dono: arrivare al cuore con pochi accordi, raccontare il suo mondo con parole semplici e positive, in una dimensione quasi sognante che punta diritto verso il Cielo.
Sono passati cinquanta anni dal suo album di debutto e Bill Fay ha attraversato stagioni diverse, anche molto drammatiche. Adesso insieme a Joshua Henry, scelto come produttore dell’album, e a Matt Deighton, alla chitarra, ha realizzato una nuova raccolta di canzoni una più bella dell’altra.
Bill Fay contempla la natura, il ciclo della vita, l’enorme quantità di cose che non possiamo capire e le rilegge alla luce della speranza, con una positività sorprendente, quasi una forma di incanto in cui si sofferma a riflettere sullo scorrere del tempo, sulla sua direzione, sui suoi progetti. Canzoni come “Your Little Face”, “ I Will Remain Here” e la stupenda “Salt Of The Earth” lasciano il segno, non solo per la musica o il canto, ma anche per le liriche. Lo stesso discorso vale per “Love Will Remain” e per “Time Is Going Somewhere”, non c’è dubbio, abbiamo tutti un’ultima mèta, non siamo qui per caso e, anche quando qualcuno se ne va, resta traccia dell’amore che ha dato.
Emozionante nella sua semplicità, oltre la conoscenza, oltre la filosofia, Bill Fay ci offre spunti tratti da una saggezza antica di cui credevamo non fosse rimasta traccia. Il finale è lasciato a “One Life”, una ballata delicata e incantevole, che spazza via dubbi e incertezze, grazie ad un approccio solo in apparenza dimesso, ma che in realtà nasconde un candore quasi infantile nell’avvicinarsi a ciò che è vero. Album molto bello. Da ascoltare
Articolo del
07/02/2020 -
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