Questo articolo verrà pubblicato, con una buona percentuale di probabilità, immediatamente dopo quello riguardante i Subsonica. Il sunto finale di quell'articolo era che l'importanza dei Subs vent'anni fa fu quella di dare risalto alla musica elettronica, e, vent'anni dopo, è quella di aver perfettamente intercettato gli umori musicali del momento. In barba ad una età anagrafica che li stacca un po' dalla nuova generazione.
Dicevo anche che, se politicamente me ne guardo bene, musicalmente sto diventando decisamente reazionario, al punto che tutte le sedicenti novità musicali (quantomeno quelle che si spacciano/ vengono spacciate per tali), devo ammettere, mi stanno pesantemente sulle palle. Anzi, la presunta freschezza dell'applauso nella canzone del MahmoodAfterhours sanremesi de "Il paese è reale", anno 2009, e dal genio di Stromae in "Tous les memes", anno 2012) mi ha portato a rivalutare molto i Coma_Cose (!) o Achille Lauro (!!) o M¥SS KETA (!!!), vedendoli non solo come proposte interessanti, ma addirittura altamente progressiste.
Date queste condizioni di partenza, si possono evincere molto facilmente un paio di cose. La prima è la mia profonda disillusione verso le "magnifiche sorti e progressive" del mondo musicale. La seconda, probabilmente consequenziale alla prima, è la mia megalomania. Ma questo è un discorso personale. Per cui, dichiarando chiusa la polemica fra me ed il sottoscritto, passo a quello che dovrei fare, cioè porre l'attenzione sulla musica suonata.
Chiaramente, nel maremagno di odierna inettitudine musicale, la mia attenzione non poteva che essere catalizzata da "MinaFossati", che ho visto come una specie di manna dal cielo. E che, in realtà, al di là della mia verbosa retorica da baraccone, è strettamente legato al concetto di "novità" di cui sopra. In tutta onestà non è un disco che spicca per innovazione, ma riesce ad essere decisamente contemporaneo, a suonare comunque fresco.
E, se è vero che comunque le aspettative sono state ampiamente rispettate, è anche vero che, a voler cercare il pelo nell'uovo, è un album che manca di un pezzo da ricordare, qualcosa di veramente iconico, ecco. Attenzione, non toccava a lui tirar fuori il pezzo indimenticabile di due carriere come quelle di Mina e Fossati, ma forse era un po' legittimo aspettarselo.
L'album è stato interamente scritto da Fossati. Ed, ovviamente, si sente. Anzi, sembra più che altro che sia un album di Fossati con Mina ospite. Ci sono tutti gli stilemi della poetica fossatiana, le sue armonie. È praticamente un viaggio in pillole nella carriera del grande cantautore genovese: ci sono pezzi più orientati sul rock- blues, tendenti agli inizi di carriera, affini a robe tipo "Matto" o "J'adore Venise", come "Tex- Mex" ed "Amore della domenica", pezzi decisamente più intimi, piano ed archi, ad esempio "L'infinito di stelle", pezzo in stile "Una notte in Italia", per delicatezza ed intensità poetica. Ci sono brani da ritmica quasi tribale, alla "Buontempo", come "L'uomo perfetto", e ballate tributo alla scuola brasiliana, come "Farfalle", che ricorda molto "La pioggia di Marzo", anche per la cadenza da filastrocca del testo. Ci sono anche gli inserimenti di fisarmonica (sempre "Amore della domenica"), propri degli ultimi lavori.
E, sebbene si tratti di un album piuttosto orientato sul pop, non manca un pizzico di sperimentazione, con l'utilizzo dei vocoder in "Ladro" e la solita "Amore della domenica".
Certo, non sarà la ricerca raffinatissima di "La pianta del thè", ma, considerando il pubblico verso cui era indirizzato l'album, più "da Mina" che "da Fossati", va più che bene. Non mancano però degli splendidi riff di chitarra elettrica, un utilizzo molto marcato del lapsteel e dei giri di basso da incorniciare. Anche nei testi c'è il graffio di Fossati, il suo lirismo delicato ed immaginifico, mai banale e sempre capace di creare accostamenti arditi ma incisivi ("fanno già festa/ i cani del mio cuore").
Sul piano vocale non credo ci sia nulla da dire, le due voci sono perfettamente complementari, il timbro naturalmente più scuro di Fossati fa da contraltare perfetto alla limpidezza vocale di Mina che, a quasi ottant'anni, rimane uno dei prodotti vocalmente più originali in assoluto. Le due voci si intrecciano, sondando in profondità tutte le sfaccettature interpretative dei pezzi, dagli acuti ai recitati. In definitiva, un album che più che come mera iniziativa commerciale, sembra nato dalla volontà di divertirsi un po', dal piacere di fare qualcosa di particolare, qualcosa che, nella sua "poca" innovazione, sprigiona una enorme libertà
Voto: 8 ½. Pezzo preferito: "Farfalle". Adoro pazzamente il Fossati più "brasiliano", e questa canzone me lo ha fatto tornare prepotentemente in mente. Basta quello, mi fermo qua. Anche perché, come dice il Maestro, "cari giornalisti, non rompeteci le… farfalle!"
Articolo del
28/11/2019 -
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