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Sean Noonan Pavees Dance
Tan Man's Hat
2019
Rare Noise Recods / Goodfellas
di
Giuseppe Celano
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Sopravvissuto a un incidente d'auto quasi fatale che l'ha costretto a un lungo periodo di convalescenza e riabilitazione, regalandogli però il tempo di dedicarsi allo studio del jazz e ritmi africani, Sean Noonan è arrivato all'attenzione del pubblico come drummer del trio punk/jazz The HUB (a fine anni '90) integrandosi rapidamente nella famosa scena dei Knitting Factory.
Batterista e compositore, Sean ama definirsi un cantastorie ritmico. Il perché è molto facile da capire sin dalle prime note dell’opener “Boldly Going”, ricca d’accenti obliqui alle pelli e dalla ritmica spezzata ogni due per tre. Al tutto sommano metafore fantastiche formulando, come fece anche Hendrix al tempo di “Axis Bold As Love”, teorie d’accoglienza per potenziali visitatori alieni attraverso controtempi e poliritmie assortite.
Tan Man's Hat è il secondo lavoro insieme al collettivo Pavees Dance, produttore di un jazz rock in stile zappiano che vanta il vocalist della formazione originale dei Can, Malcolm Mooney, il bassista Jamaaladeen Tacuma (già nella Ornette Coleman's Prime Time), la chitarrista Ava Mendoza (Unnatural Ways) e il tastierista Alex Marcelo (Yusef Lateef).
Il moniker Pavees Dance nasce da una minoranza etnica nomade irlandese, artigiani itineranti capaci di realizzare oggetti a partire dai materiali disponibili. Pavees, quindi, indica il musicista-viaggiatore, capace di fondere tradizioni africane e irlandesi tenendo ben a mente la lezione di Ornette Coleman.
La struttura della musica è saldamente ancorata al dialogo serrato tra batteria e basso, influenzata dalla teoria dell'armolodia mantenendo la chitarra elettrica perché, secondo Noonan, è adatta per la voce di Malcolm. Siamo di fronte a una vera tempesta sonica dai fianchi armonici ma pur sempre spigolosi.
Il prog, l’avanguardia e il canto si muovono fra le scorie impazzite dell'improvvisazione mentre l’esperienza dei musicisti (navigati) si fonde a quella dei leoni più giovani, spinti da un’urgenza (punk) che si riflette anche nelle liriche come prese di posizione contro le falsità politiche, mediatiche e nei confronti del complesso militare-industriale (“Tell Me”).
“Turn Me Over” gioca con l’avanguardia raccontando la fiaba di un genio che esce dai solchi di un vinile. “Girl from Another World” travolge l’ascoltatore con furia feroce mentre la malinconica “Winter Inside” chiude l'album con una nota di romanticismo
Articolo del
19/07/2019 -
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