La recensione in anteprima dell'album solista di Giancarlo Erra, in uscita il 12 aprile 2019 su Kscope, uno sguardo attraverso le stagioni dell'anima umana che, con la sensibilità e l'innata poetica del suo autore, si apre a panorami interiori ed esteriori inediti.
Mi immagino di sentire la sabbia scorrere tra le dita dei piedi, e questo album risuonare nelle orecchie, e salire, salire, ritrovandomi d'improvviso ad osservare l'intenso blu dell'oceano da una scogliera che confina con l'azzurro più lieve del cielo. Mi immagino di averlo tra le mani, di sentire con la punta delle dita i solchi del vinile ove è racchiuso, ed osservarne i dettagli in una notte d'estate, in un tramonto d'inverno, in un'alba a primavera. E poi scoprire che tutto questo forse non è soltanto frutto dei miei sogni, ma di Giancarlo Erra, che ancora una volta è riuscito a fare qualcosa di straordinario. Ovvero a farmi immaginare luoghi ed orizzonti vividi come fossero davanti a me, come fossero realtà da toccare e di cui sentirne l'essenza sulla pelle. Nelle sue otto tracce Ends racchiude questo e molto altro, già a partire dalla struttura della sua tracklist, che segue un andamento numerico che inganna l'ascoltatore superficiale. Partendo da Ends III si va a scendere e risalire, ci si ferma ad un passo dalla fine nei sei minuti della sublime Ends VII, e poi via subito a ridiscendere la china, giungendo in Ends VI ad soffio dalla meta, in una coda permeata dal battito di un cuore nuovo.
Nel suo essere guida di un moto dell'anima che si sposta repentino tra passato e futuro, il primo album solista di Giancarlo Erra diviene arte senza confini che si muove attraversando un flusso di soluzioni che ha origine dall'estro musicale che ha sempre dimostrato di avere nella sua band principale, i Nosound, ma che, vagando qui senza l'uso della voce tra le pieghe del tempo, approda ad un pellegrinaggio emotivo inedito, lo stesso in cui vanno a vagare i silenzi malinconici della nostra vita. Silenzi che in Ends divengono poesia nel venir riempiti da una colonna sonora che si getta a perdifiato dalla cima del mondo, per poi virare verso le profondità del cosmo.
Tra i battiti elettronici che si palesano quasi con timidezza in sottofondo, o nelle strutture di pianoforte libere di sperimentare soluzioni ora cupe, ora ariose, emergono rilucenti le esecuzioni degli altri musicisti, ovvero Krista Sverrisdóttir (violino), Quynh Lephan (violoncello), Elis Marteinsson (violino), Nicolaj Nielsen (viola), in una sublimazione dell'intima purezza di questa musica che sembra quasi voler inseguire una chimera, e che invece si scopre ambiziosa ed avvolgente. Il peculiare fascino duale di questo flusso musicale è nel modo in cui riesce a fondere il classico ed il nuovo senza continuità, in un'unione tra analogico e digitale che similmente trasforma l'approccio di scrittura e assimilazione ad una lenta semina, in attesa del raccolto che verrà. E come grano sotto il sole, i brani di Ends creano rifrazioni di luce che si scorgono solo se si guarda dalla giusta angolazione, non avendo fretta di cogliere subito il pieno significato dell'opera, ma lasciando che siano i ripetuti ascolti a delineare di volta in volta una diversa chiave di lettura. Questo perchè, nella sua demolizione di una forma canzone tradizionale in favore di un suono libero da qualsiasi confine, l'album richiede all'ascoltatore piena partecipazione e rifiuta una selezione scelta.
Non sono così soltanto otto le conclusioni suggerite dal titolo, ma forse una sola, ovvero quell'unica a cui giungerà chi, deciso a tornare al reale, solleverà la puntina dal giradischi o premerà stop sullo stereo. Difatti pur durando poco meno di 40 minuti, l'album ne sembra attraversare molte meno, in uno scambio equo con l'ascoltatore che, da parte sua, ottiene in questo breve lasso di tempo l'infinito vivere, reale o percepito che sia, dettato dall'attimo che in questa musica viene fermato. E se tanto viene agognato dalla società odierna, sovente soffocata da suoni e melodie di breve vita, è in album come Ends che questa riflessione porta a ritrovare i motivi per cui l'arte, in qualsiasi forma, è entità viva e simbolo ultimo delle capacità e della magnificenza umane. Vi chiedo quindi di farvi questo regalo, ascoltate ed acquistate questo album, lasciatelo scorrere attraverso di voi come ho fatto io, sentitene le vibrazioni, più che sulla pelle, dentro la vostra coscienza. Vi regalerà panorami d'inedita bellezza da portare e condividere con chi avete accanto, vi darà memorie, vi darà, semplicemente, speranza.
Articolo del
27/02/2019 -
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