Nuovo album per l’ex C.C.C.P., Massimo Zamboni che in questa occasione riproduce su disco la colonna sonora dello spettacolo teatrale Nessuna Voce Dentro - Berlino 1981, tratto dal romanzo omonimo del 2017 scritto dallo stesso Zamboni. Il disco si intitola Sonata A Kreuzberg ed è stato realizzato in stretta collaborazione con la vocalist Angela Baraldi e con Cristiano Roversi, ex Moongarden.
L’intento è quello di rielaborare vecchi brani del rock decadente anni Ottanta, la musica che ascoltava proprio Zamboni nella sua estate berlinese del 1981. Si comincia però con “Alabama Song”, un classico degli anni Trenta, scritto da Bertolt Brecht e da Kurt Weill, ma reinterpretato dai Doors di Jim Morrison.
Questa volta però la rivisitazione tocca ad Angela Baraldi, che ci regala una versione tagliente, marcatamente rock della canzone. Di seguito possiamo ascoltare brani come “Der Räuber und der Prinz” e “Kebab Traume” dei D.A.F., ma le loro interpretazioni cadenzate, da cabaret nero, sono sostituite da versioni più dinamiche, più aggressive sul piano ritmico. Molto particolare anche “In The Garden” degli Einsturzende Neubauten, a cui vengono aggiunte un basso distorto e una sezione d’archi. Arriva il momento più difficile: l’esecuzione di “Afraid” di Nico, ma Angela Baraldi se la cava molto bene, senza pretendere di essere lei.
La sua versione della canzone è delicata e al tempo stesso emotivamente sentita, mentre Roversi accompagna al piano e Zamboni al basso elettrico. Interessante anche “Paul Ist Tot” dei Fehlfarben: una versione più breve e più scarna rispetto all’originale (solo pianoforte e voce) ma che rimane comunque drammaticamente sofferta. Su “Bette Davis Eyes” di Kim Carnes, un vero classico di quegli anni, torna la voce di Angela Baraldi, bravissima anche in questa occasione. Il brano è ridotto all’osso, ma la forma minimale accentua la drammaticità del brano e quasi disinnesca la sua origine di pop-song.
E’la volta di “Hundsgemein” degli Ideal, gruppo punk berlinese, a cui la Baraldi regala un’interpretazione volutamente sguaiata ed altisonante. Un altro momento impegnativo, ma a dir poco irrinunciabile, è costituito dall’esecuzione di “Berlin” di Lou Reed: no, Angela non può e non vuole essere Lou, ma può amarlo, questo sì, ossequiarlo, questo sì, e ci riesce molto bene.
Chiudono il disco “Superfly”, dal nome di una discoteca berlinese, punto di ritrovo per punk e rockers di ogni genere, “Allarme”, rivisitazione dai C.C.C.P. e “La Città Imperiale”, uno spoken word della Baraldi. Un album che è il risultato di un progetto ambizioso, una serie di canzoni che forse trovano un senso maggiore all’interno dell’opera teatrale, ma anche così ci sono delle esecuzioni davvero belle ed è un vero piacere ritrovarle all’interno di un album. Da ascoltare.
Articolo del
03/01/2019 -
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