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Kurt Vile
Bottle It In
2018
Matador
di
Andrea Salacone
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Kurt Vile possiede un talento innegabile come compositore di canzoni, ma non lo mette a frutto in maniera adeguata. Scrivere melodie accattivanti con poche note non è dote comune, ma tale capacità è inficiata da una tendenza alla prolissità che può rendere la fruizione dei dischi del musicista un’esperienza spossante.
Elementi distintivi e ricorrenti dei pezzi sono figure melodiche costruite su giri di accordi, o arpeggi, molto semplici ripetute allo sfinimento, ghirigori di sei corde acustiche ed elettriche, e abbellimenti talvolta ottenuti con strumenti che esulano dallo standard chitarra/basso/batteria.
In “Bottle It In”, ad arricchire alcuni brani troviamo arpa, banjo, lap steel e tastiere: un accorgimento che non basta a sottrarre l’ascoltatore dalla sensazione di noia interminabile che lo assale per l’intera durata dell’album. Bottle It In e Skinny Mini durano quasi undici minuti, Bassackwards si protrae per quasi dieci, Check Baby sfiora i nove, Mutinies e Come Again lambiscono la soglia dei sei.
Vabbè, ma il disco è bello oltre a essere troppo lungo? Risposta: no.
Anche se piacciono le ballate malinconiche e i testi intimisti, con la voce un po’ alla Neil Young un po’ alla J Mascis (con echi pure di Iggy Pop in Check Baby) – e dispiace parlar male del buon Vile, che altri album li ha azzeccati – davanti a uno sbrodolamento come quello offerto da “Bottle It In” formulare un giudizio negativo è inevitabile.
Salviamo la sognante Rollin’ With The Flow, boccata d’aria fresca posta a metà della scaletta, che però è una cover del musicista country Charlie Rich: una rilettura meno enfatica rispetto all’originale, e uno dei pezzi migliori dell’LP; l’apprezzabile Yeah Bones, illuminata da intrecci di chitarra e da un riuscito riff; la matrice folk di Come Again. Il resto è penalizzato anche da una scrittura piuttosto monocorde, e perfino le canzoni potenzialmente valide si trascinano stancamente in un dipanarsi senza fine.
Sfrondato delle lungaggini, “Bottle It In” avrebbe potuto essere un’opera dignitosa. Così com’è – lo suggerisce il significato del titolo – anche chi volesse sforzarsi di rilevarne gli aspetti positivi non potrà che “darsi per vinto”, “mollare”, “desistere”.
Bocciato senza appello.
Articolo del
29/10/2018 -
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