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Jean-Michel Blais
Dans Ma Main
2018
Arts & Crafts Productions
di
Emanuele Tarchi
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Jean-Michel Blais si ripresenta al pubblico con un nuovo lavoro, dal titolo Dans Ma Main, mantenendo lo stile che fonde il piano neoclassico con l'elettronica minimalista.
Il disco si apre con Forteresse, dove un interessante rincorrersi di suoni e arpeggi funzionano da intro per Roses, un brano con un inizio un po' lento ma, come una rosa che sboccia, si evolve piano piano, fino ad esplodere. D'impatto e appaganti all'orecchio dell'ascoltatore sono i bassi che accompagnano gli accordi.
Outsiders ha un bel sottofondo di voci iniziale che, purtroppo, sparisce troppo presto. Sarebbe stato intrigante che la conversazione in sottofondo fosse durata tutto il brano e che lo sviluppo del brano girasse intorno alle dinamiche della conversazione. Durata complessiva forse un po' lunga. Dans Ma Main è, oltre che la title track, uno dei pezzi migliori del disco. Splendido l'intro ottenuto pizzicando le corde del piano. Il motivo iniziale torna e ritorna piacevolmente e, grazie all'ausilio delle dinamiche, riesce a far nasce nell'ascoltatore il desiderio di sapere come andrà avanti, che cosa succederà.
Interessante è lo sviluppo all'interno di Blind, un altro dei brani migliori del disco. Sound più moderno e cassa in 4, disco style. Brano che si evolve con una gradita trasformazione. La sesta traccia si intitola God(s) e sembra che l'artista si sia voluto interrogare sull'esistenza di, appunto, God(s) e abbia trovato solo confusione. Sembra un nuovo intro, come se l'album fosse diviso in due. La traccia che si diversifica dalle altre si intitola Igloo. Brano molto energico, ma non sembra appartenere a questo disco.
In Sourdine il pianista torna sui suoi passi e a sonorità più simili a quelle trovate nei primi brani del disco. La percezione è che abbia voluto mettere una sordina ai rumori esterni, ai discorsi, a quello che sente non appartenergli, e abbia voluto ascoltare solo la musica e le sensazione interne. Trova e scopre sè stesso. A Heartbeat Away si trasforma totalmente a metà, tornando sui suoi passi nel finale. Riesce bene a catturare l'attenzione dell'ascoltatore. Si ha la sensazione che abbia voluto dedicare questa canzone ad una persona distante. Il brano che conclude il disco si intitola Chanson. Le dinamiche sono ben sviluppate ma è un brano che a tratti risulta un po' fermo.
Tirando le somme, questa seconda fatica di Jean-Michel Blais fonda le sue radici nelle dinamiche e riesce a farne uno dei capisaldi di tutto il disco. Buon album anche se a tratti risulta un po' lento. Nota dolente: ci sono delle frequenze alte che escono dal mix e creano fastidio nell'orecchio dell'ascoltatore
Articolo del
23/05/2018 -
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