Non ci soffermeremo sulla frase incriminata, divenuta addirittura parte integrante del comunicato stampa, con cui Maynard sembra snobbare l’uscita del nuovo disco degli A Perfect Circle preferendogli il compleanno di una cara amica (Carina Round). È la sua ironia e, come solitamente succede, viene mal compresa e pesantemente osteggiata.
Sono passati 14 anni dall’ultimo eMOTIVe, Eat The Elephant arriva in un momento storico che incrocia i primi passi mossi dai Tool verso lo studio di registrazione per produrre (ne siamo poi così sicuri?) un album ben 12 anni dopo 10.000 Days.
Il nuovo lavoro si presenta con una veste del tutto nuova, lontana anni luce da Mer De Noms e dalla sua tetra oscurità modellata sulla band madre di Maynard. Se Thirteen Steps è stata la prima vera prova come band, con un’identità definita e meno succube dei Tool, anche questo nuovo lavoro arriva come un ospite inatteso dal forte carattere personale. Nessuno, con un minimo di sale in zucca, si sarebbe aspettato un disco post metal (core) à la A.P.C., James Keenan non è il tipo che si siede facilmente, piuttosto che fare un disco uguale a un altro smetterebbe seduta stante.
La mutazione stavolta è frutto della composizione di Billy che, a differenza del passato, fa un passo indietro preferendo la comodità di uno sgabello per pianoforte alle chitarre. Si gioca su chiaroscuri e picchi emozionali senza disdegnare alcune zampate pericolose e imprevedibili come il mood dei gatti, da un lato pronti a farsi coccolare e dall’altro capaci di portarti via sette strati di epidermide senza darti neanche il tempo di capire cosa è successo.
Bruciano i brani di Eat The Elphant, di un fuoco lento in cui man mano prendono forma le emozioni condivise dalla band e quelle suscitate nell’ascoltatore. Sulle note della titletrack torna, finalmente, la magia del canto celestiale del buon vecchio Keenan.
Oltre al canto, Maynard è dotato di una perforatrice dei substrati umano davvero unica, il suo modo di osservare il mondo è diverso. Gli bastano poche liriche per creare uno spaccato della società, vampirizzata da chirurgia plastica e dalla solitudine, che cerca un blando rimedio nell’interconnessione fatua dei social e di tutti i device che permettono l’interazione fittizia, fra persone distanti migliaia di km, nel vano tentativo di colmare un gap emozionale sempre più profondo e cauterizzato.
Una cosa è certa, il disco farà parlare molto di sé creando difensori a spada tratta e hater pronti a colpire Maynard e soci alla carotide, proprio come il vampiro in copertina. Con un lustro e mezzo sulle spalle, il nuovo lavoro si presenta con profondi segni che ne stravolgono i lineamenti. C’era bisogno di un restyling interno, Howerdell ha pensato bene di spostare l’asse compositivo verso ballad dai toni sommessi che permettono solo tre volte (The Doomed, Talk Talk e Hourglass) le incursioni hard di Keenan. Ci vorrà parecchio tempo, e molti ascolti al di la dei singoli, per rintracciare e apprezzare i nuovi brani che ricordano l’osticità iniziale che fu di Thomas, Sleeping Beauty, Thinking Of You e Rose.
Ciò che salta subito alle orecchie invece è il canto, contrapposto alle poche note del pianoforte nell’opener Eat The Elephant e la melodia malefica di Disillusioned, per cui la band ha prodotto davvero un video capolavoro. Questo terzo singolo è capace di stop (and go) al limite della paralisi, fatti di pochissime inafferrabili note. Man mano che l’effetto dopamina si fa più flebile si riprende la corsa con batteria incalzante e il ritorno al chorus iniziale che sembrava ormai perso nel tempo. Batterie effettate smussano gli angoli di un sound ormai tondo ma compatto quanto basta per colpire duro quando serve.
Se a una prima occhiata la band americana potrebbe sembrare ormai rassegnata, o peggio disillusa, è solo un’illusione posta ad arte dal buon Maynard che nella seconda sezione infila la stilettata definitiva (ma che ancora conserva un briciolo di speranza) affidandosi alle parole: “We've become disillusioned, so we run towards anything glimmering. Time to put the silicon obsession down take a look around, find a way in the silence, lie supine away with your back to the ground, dis- and re-connect to the resonance now, you were never an Island, unique voice among the many in this choir, tuning into each other, lift all higher”.
Il nostro rincara la dose attraverso le liriche di The Doomed: “Doomed are the poor, doomed are the peaceful, doomed are the meek, doomed are the merciful, for the word is now death, and the word is now without light, the new beatitude: "Fuck the doomed, you're on your own".
The Contrarian, per posizione (3) nella tracklist, per andamento moderato, in rave up, e per le batterie elettroniche, ricorda da molto lontano la magica The Noose. È sempre il pianoforte a far la parte da leone, gli altri strumenti sostengono le nuove composizioni su tasti bianco (e nero) avorio. Non mancano i passi falsi, a nostro parere ovviamente, posti a quota cinque con l’inutile So Long, and Thanks For The Fish, veramente fuori posto in mezzo alle nuove take scelte per il gran ritorno. Un ballad che cita i peggio Guns And Roses e con tanto di ingombranti archi, andamento ritmico percussivo, e una fastidiosa linea armonica scelta da Keenan. Il secondo tonfo è Delicious, altra canzone zoppicante che nulla aggiunge a quello che già sapevamo.
Molto meglio fa By and Down The River il cui giro melodico potrà sembrare anche prevedibile e furbetto, ma a salvare capre e cavoli ci pensa il fuoriclasse dalle movenze sciamane dietro al microfono. Ci lapideranno per questo ma Hourglass ha dei punti di contatto con la destrutturazione del (rock)song-like format portata in giro nell’ultimo album di Jack White. Anche Maynard inserisce elementi hip hop (ricordate Rosetta Stoned?) alle linee vocali trasfigurate da effetti elettronici.
Concludendo, la seconda cosa di cui siamo sicuri è che agli hater di ogni tipologia Maynard risponderà con la melodia incantata di Talk Talk, arrivandogli di fronte in modo gentile ma celando da una parte il caustico rifferama di Billy e porgendo dall’altra liriche letali capaci di spazzare via ogni dubbio: “Sit and talk like Jesus, try walkin' like Jesus, sit and talk like Jesus, try walkin' like Jesus, try braving the rain, try lifting the stone, try extending a hand try walkin' your talk or GET THE FUCK OUT OF MY WAY!”
Articolo del
11/04/2018 -
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