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Hot Snakes
Jericho Sirens
2018
Sub Pop
di
Andrea Salacone
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Post hardcore, hardcore punk, punk’n’roll… per una volta evitiamo le etichette.
Jericho Sirens, quarto album inciso per la benemerita Sub Pop, a quattordici anni dal precedente, è un disco esplosivo.
Forti di un curriculum significativo alle spalle (“militanza” in Rocket From The Crypt e Drive Like Jehu, da San Diego, California, dai primi anni Novanta), gli Hot Snakes tornano a brutalizzare i timpani degli ascoltatori con dieci pezzi sferraglianti.
L’effetto iniziale potrebbe spiazzare, ma dedicare un po’ di attenzione ai brani eliminerà la sensazione di caos indistinto e farà affiorare il potenziale melodico di alcune composizioni (Six Wave Hold-Down, Death Camp Fantasy, Psychoactive).
Notevoli l’urgenza e l’impatto di I Need A Doctor, che apre l’album, le dissonanze di Candid Cameras, e l’hardcore di Why Don’t It Sink In?; in quest’ultima, le chitarre “a mitraglia” danno l’impressione che il gruppo abbia collegato le pale turbinanti di un elicottero a un amplificatore, e poi mandato il suono in distorsione. La canzone Jericho Sirens crea un’atmosfera cupa, con insoliti sprazzi di armonica a bocca che ricordano vagamente Lost Weekend dei Wall Of Voodoo.
Le randellate proseguono con Having Another? e Death Doula, mentre Death of a Sportsman, “ballata” elettrica, chiude l’album con un velo di malinconia, i suoni sghembi delle sei corde, l’armonica che fa di nuovo capolino, l’enfasi del cantato immutata fino all’ultima nota
Articolo del
07/04/2018 -
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