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Shame
Song of Praise
2017
Dead Oceans / Goodfellas
di
Giuseppe Celano
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Eddie Green, Charlie Forbes, Josh Finerty, Sean Coyle-Smith e Charlie Steen sono la “Vergogna”, fautori di un post punk psicotropo veramente degno di nota.
Sono inglesi, con molta insofferenza e quella classica e salutare spocchia che spesso affiora in molte formazioni d’oltremanica. Il loro nuovo lavoro s’intitola Songs Of Praise, hanno il giusto groove e la spinta necessaria per bucare le vostre difese. Esistono persone capaci di uccidere per un disco così, pulito e ben prodotto ma carico di rabbia in One Rizla e The Lick, quest’ultima sospinta dall’ipnotico basso, dal canto sciamanico e chitarre dolenti in sottofondo, seminascoste nell’oscurità come spettri fluttuanti.
Non disdegnano take danzerecce come la successiva Tasteless che, per il beat iniziale delle pelli, ricorda lontanamente Billie Jean. Tutto il disco è pervaso da un forte senso di decadenza o comunque d’instabilità, sono rumorosi e ansiogeni, amano la spinta propulsiva del basso, sparato a razzo in Donk, e nell’incipit di Gold Hole. In questi passaggi, scusa l’azzardo, sembrano addirittura figli impuri degli ultimi Black Angels.
Poi virano passando alla psichedelia, carica di energia elettrostatica e ritornelli spacca orecchie su cui ci infilano, sogghignando, anche un assolo paraculo e iper melodico (Friction). Poi impazziscono e diventano epilettici, addirittura ansiogeni in Lampoon, proprio a un brano dalla chiusura. Il sigillo di Songs Of Praise è intitolato Angie, una ballad non troppo lenta, dall’andamento dritto, con poche note cesellate delle chitarre prima che esploda il bridge vincente
Articolo del
07/02/2018 -
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//www.youtube.com/embed/7Mz_K1b5rVk
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