Film assai mediocre Singles – L’amore è un gioco, con cui nel 1992 il regista Cameron Crowe aveva cercato di catturare e rappresentare sul grande schermo (parte del)lo “spirito” del grunge di Seattle, gallina dalle uova d’oro per il mercato discografico dopo il boom dell’album Nevermind dei Nirvana, uscito verso la fine del 1991.
La pellicola era riscattata da una colonna sonora eccellente, ora ristampata in versione “espansa” per celebrare il venticinquennale del film (evento piuttosto insignificante, a dire il vero).
Rispetto all’Lp originale, l’edizione di Singles 2017 spalma le tracce su quattro lati (questioni di qualità dell’audio?); due vinili, quindi, copertina apribile (anche questa una novità), con tanto di refuso, “arricchita” da un breve e abbastanza inutile commento di Crowe. Niente booklet. Raschio del barile, insomma. Una sciatteria imperdonabile nei confronti di chi oggigiorno i dischi continua a comprarli invece di scaricare musica dalla rete.
Le canzoni scelte per la versione originale erano magnifiche: dall’elettricità vibrante di Would? (Alice in Chains), Breath e State of Love and Trust (Pearl Jam) si passava a ballate acustiche o elettroacustiche incantevoli come Seasons (Chris Cornell), Battle of Evermore (Lovemongers, cover dei Led Zeppelin) e Dyslexic Heart (Paul Westerberg); dai suoni meravigliosamente sgraziati dei Mudhoney, che in Overblown già sbeffeggiavano il fenomeno del grunge e la sua mercificazione (“Everybody Loves Our Town… The Time For Leaving Is Now”), alle asprezze melodiche degli Screaming Trees (Nearly Lost You); dalla malinconia e dalll’intensità di Chloe Dancer/Crown of Thorns (Mother Love Bone) all’andamento psichedelico degli Smashing Pumpkins di Drown.
Il CD bonus incluso nella ristampa, come spesso avviene per tali operazioni, contiene pezzi extra, soprattutto inediti o mai usciti in compact disc; alcuni inutili (dei sei di Cornell, tratti anche da un EP del 1992, solo due passabili, anche se troppo lunghi: Flutter Girl e Missing), altri interessanti come reperti dell’epoca (i brani dal vivo di Alice in Chains e Soundgarden), altri ancora classificabili come sfizi (l’esecuzione di Dyslexic Heart e Waiting for Somebody affidata a chitarra acustica e voce; terribile la seconda). Allungano il brodo Six Foot Under dei Blood Circus, di cui ricordiamo la più valida The Outback nella compilation Sub Pop 200, e altri scampoli sinceramente dimenticabili.
Chi possiede il disco originale se lo tenga stretto. Gli altri interessati alla colonna sonora sappiano che, con molta probabilità, quasi tutti gli extra non riusciranno a catturare la loro attenzione per più di un ascolto.
Un’occasione mancata, insomma, questa ristampa. Sarebbero bastati un booklet o liner notes degne di questo nome per fugare l’impressione di presa per i fondelli suscitata dall’aggettivo “Deluxe”
Articolo del
19/06/2017 -
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