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Mark Lanegan
Gargoyle
2017
Spin Go
di
Giuseppe Celano
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Sono anni che Mark Lanegan viaggia molto basso dal punto di vista del songwriting che, detto con parole più crude, si può tradurre con un bel “non azzecca un disco per intero che sia degno di nota da Blues Funeral (2012)”.
Qui non si discuteranno in nessun modo le sue doti di perfomer né della voce subwoofer che il nostro ha affilato in questi anni, sarebbe inutile, sono due argomenti sicuri che non si discutono. La gola di Mark sta molto bene, è il percorso scelto per la sua più recente carriera che non convince del tutto. Ciò che si può dare per certo (ahinoi) è che la capacità di scrivere oscure ballad, intimidatorie, va a mancare ormai da troppo tempo ormai.
Anche questo nuovo Gargayole, vive di luci e ombre come i precedenti due. Dieci brani previsti per il prossimo maggio, frutto della cavernosa timbrica del singer che si denuda nell’opener Death Head Tattoo. Il suo tono scende negli inferi vocali per poi risalire, si fa per dire, nella successiva Nocturne dal mood in stile Screaming Trees.
Ma è solo un guizzo, da metà in su l’album tende a perdere mordente procedendo a vite su brani come Sister. Un’altalena di emozioni forti e grandi tonfi sollevano pericolosamente il livello di guardia che anticipa l’inevitabile noia (Beehive). Molti effetti elettronici e tastiere anticipano le voci, su più strati, registrate per Blue Blue Sea.
Peggio fa Emperor, una canzoncina per palati morbidi del tutto superflua se non addirittura banale nel suo andamento à la Passenger. Per non parlare della lamentosa First Day Of Winter che anticipa la fine di questo mezzo passo falso del cantante di Ellensburg (Washington). Old Swan manda in prescrizione Gargoyle, insieme ai suoi cofautori, senza condannare definitivamente Lanegan, ma ricordandogli che è giunto al terzo tonfo di fila, il che non depone affatto a suo favore.
Non basta chiamare alla propria corte Josh Homme, Greg Dulli, il produttore Alain Johannes e il polistrumentista Duke Garwood per fare un disco interessante. Lanegan dovrebbe tirare il freno a mano, sedersi con la calma serafica che lo contraddistingue durante i concerti e iniziare a rivedere le carte che gli sono entrate nell’ultimo periodo e decidere di rientrare solo se veramente necessario
Articolo del
24/04/2017 -
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