Forse non sarà la felicità, ma la maturità sì. O almeno così si dice delle band al cospetto delle quali si resta improvvisamente (e inaspettatamente) folgorati.
Il quarto full-lenght del combo perugino, oltre ad essere il migliore del loro percorso iniziato nel 2011 con Cavalli, è uno di quei dischi destinati a lasciare un marchio sul rock italiano di nuova generazione.
Se vent'anni fa erano i Marlene Kuntz di Catartica e Il Vile a portare alta la bandiera dell'alternative tricolore, oggi sono loro - e chi altri sennò ? - a farsi carico del fardello. E il paragone con i primi Godano e soci è tutt'altro che casuale, come se il virus fosse lo stesso e passasse di corpo in corpo a cicli di tempo regolari.
I corpi, ecco. Quelli dei FAASK faticano a contenere tanta "cattiveria agonistica", tanta urgenza espressiva, tanta ferocia espressa nelle urla colleriche di un Aimone Romizzi in stato di grazia, mentre intorno è un diluvio di chitarre, basso e batteria schiumanti livore. Un fiume (di corpi, appunto) che tutto travolge lasciandoci con la sensazione di essere al cospetto della (prossima) cosa grossa. Almeno a queste latitudini.
Ma, a dispetto dell'immediatezza e della spontaneità, a colpire sono la complessità e la ricercatezza nella composizione, ad di là dell'afflato lo-fi che la caratterizza. Pochi ingredienti, per di più usati in modo tradizionale, eppure il tutto suona nuovo, fresco, avvolgente. L'iniezione è letale prima ancora che inizi a circolare nel sangue la loro poesia al veleno. Non c'è un brano inferiore agli altri, nessun passaggio prescindibile. Tutto si tiene alla perfezione, dall'intro sognante e tribale di Asteroide al profluvio metallico di Giorni Di Gloria, dal perfetto intarsio di piano e batteria che sorregge Tenera Età alle rabbiose increspature del primo singolo Annabelle, dalla forza evocativa della tiratissima Fiumi Di Corpi all'incedere pesante dell'esotica Montana, dalle reminiscenze hardcore di Ignoranza agli echi U2 di Giovane.
Insomma, adesso, i FAASK sono nel gotha nostrano. La qualcosa è conferma che un gotha esiste ancora, in questi tristi tempi di musica liquida, e noi non possiamo che compiacercene. Se non è felicità, gli somiglia tantissimo.
Articolo del
18/02/2017 -
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